Un “demone” si nasconde nella Basilica di San Pietro

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Nel Cinquecento un famoso artista, detto “l’Aliense”, viene chiamato a Perugia per dipingere “Il Trionfo dell’Ordine Benedettino”

Chiesa di San Pietro di Perugia“Vassilacchi, chi era costui?”, questa è la domanda da Don Abbondio del XXI sec. che alcuni si saranno fatti dopo la recente scoperta di un volto demoniaco nascosto in un quadro di una chiesa di Perugia. Sì, avete capito bene, ancora diavoli. Ci risiamo, di nuovo a soffermarsi su qualche angoletto di un dipinto per scoprire poi un dettaglio visibile solo con undici decimi di diottrie!

Forse stavolta no. Cominciamo dall’inizio e scopriamo chi è il nostro “carneade”. Nel 1592 ad Antonio Vassilacchi detto l’Aliense, pittore di origine greca ed allievo della scuola veneziana del Tintoretto, vengono commissionati una serie di quadri per la Basilica di San Pietro in Perugia. Il dipinto più importante del ciclo pittorico dovrà essere di dimensioni gigantesche, e occupare per intero la parte superiore della parete di ingresso interna della chiesa. Lo scopo dell’opera è magnificare i Benedettini e tutti gli Ordini a loro correlati quali Camaldolesi e Silvestrini. Nella testa del committente l’opera dovrà annoverare le figure più importanti della cristianità di ogni epoca, quali: santi, papi, cardinali, vescovi, abati, tutti a contornare San Benedetto da Norcia; insomma un vero Trionfo dell’Ordine Benedettino.

L’Aliense si mette al lavoro e, nei tempi stabiliti, realizza una tela di dimensioni ragguardevoli: 11,3 metri di lunghezza per 7,8 di altezza, non dimenticando di dipingere alcuna personalità illustre, compresi alcuni frati viventi dell’epoca. A Perugia il suo nome poi scompare tra le pieghe della storia e il suo dipinto è addirittura stroncato dalla critica come opera di scarsa originalità, arido di ispirazione e con mancanza di arditezza pittorica.

Come mai oggi torniamo a parlare di lui? Semplicemente perché per caso abbiamo scoperto che è un genio, solo che ci abbiamo impiegato più di 400 anni!

Osserviamo il suo quadro e concentriamo l’attenzione su S. Benedetto e su i due squarci di cielo al cui interno si vedono il sole e la luna. L’immagine sembra trasformarsi in una figura inquietante, un diavolo: S. Benedetto è il naso, gli squarci di cielo sono gli occhi, S. Pietro e S. Paolo in alto ai lati estremi sono le orecchie, i due ciuffi centrali sono le corna e le figure dei benedettini visti di spalle sono formidabili zanne.

L’osservazione dell’opera è perfetta vista dal pulpito dell’altare maggiore in cui le figure dipinte si confondono tra loro. Venendo da quella direzione, immaginate, nella penombra della chiesa, di camminare verso l’uscita e osservate la porta sotto il quadro, sembra proprio la bocca di un diavolo pronto a inghiottire chi osi attraversare l’uscio. Viene proprio il desiderio di passare per la sacrestia!

Il demone stavolta è di dimensioni talmente ragguardevoli che sembra impossibile sia rimasto nascosto per tanto tempo; è proprio il caso di affermare che in quell’occasione l’Aliense dimostrò un’astuzia diabolica!

Se, alla luce di questa scoperta, sembra esagerato riscrivere la storia dell’arte, potrebbe ronzarci in testa l’idea che Dalì nel 1935, nell’opera simbolo del movimento surrealista: Viso di Mae West, nel rappresentare un volto di donna usando un caminetto come naso e un sofà come labbra, non sia stato il precursore del genere!

Abbazia di San Pietro - Il diavolo di Perugia

Antonio Vassilacchi – Il diavolo di Perugia

Salvador Dalì - Ritratto di Mae West

Salvador Dalì – Ritratto di Mae West

I motivi di una scelta così ardita e altrettanto rischiosa possono essere molti: innanzitutto a metà del XVI sec. il potere nella zona, tornò sotto l’egemonia diretta del Papa Paolo III che detronizzò definitivamente i Baglioni e la loro signoria occulta, costruendo come monito, sopra le case di proprietà della famiglia ormai decaduta, la Rocca Paolina.

Il periodo baglionesco fu contraddistinto da anni di buon governo e di mecenatismo, in cui Perugia ospitò i migliori artisti, quali: Raffaello, Signorelli, Perugino e Pinturicchio, e anche per questo il passaggio di consegne rappresentò un trauma; il controllo di questa ribaldosa Signoria, diventata di colpo anonima provincia, fu più severo e oppressivo che altrove e l’arte ne fece sicuramente le spese.

Può essere plausibile che un pittore, formatosi alla scuola del Tintoretto e con bottega nella ridente Repubblica Veneziana, provasse disagio a sottostare di colpo a dettami così severi, e covasse risentimento per quello che credeva una limitazione al suo estro di artista. Da lì a considerare il clero come un demonio ce ne corre; probabilmente i tormenti dalla controriforma arrivati a Venezia avevano già avuto il loro effetto sull’animo del pittore.

Qualche anno fa andava di moda tatuare il proprio nome o una frase che ci contraddistingueva in cinese o in giapponese, naturalmente era quantomeno sconveniente stare antipatici al tatuatore perché non di rado tirava qualche scherzetto ai malcapitati dal brutto carattere che, di solito, scoprivano l’inganno quando ormai era tardi.

Se siete tra loro da oggi sentitevi un po’ meglio, prima di voi qualcun altro è stato vittima di uno scherzo gigantesco ma simile al vostro! Stavolta non è stato un cinese o un giapponese, ma un greco: Antonio Vassilacchi detto l’Aliense.

Dal libro L’Abbazia e la Basilica di San Pietro in Perugia di Marino Siciliano possiamo estrapolare qualche informazione in più sulla vita del pittore. Il Siciliano accenna che Vassilacchi prima di diventare allievo di Tintoretto fu allontanato dalla scuola di Paolo Veronese poiché il suo vecchio maestro era diventato geloso di quell’avversario troppo ingombrante. L’Aliense inciampò quindi di nuovo nel suo desiderio di competere e se possibile di superare il suo nuovo insegnante?

Coincidenza vuole che nel medesimo periodo il Tintoretto stesse dipingendo un quadro dal titolo: Il Paradiso a Palazzo Ducale di Venezia. L’Aliense avrà pensato: “Al mio maestro hanno assegnato il lavoro nella Sala del Maggior Consiglio della nostra bella Repubblica e a me una serie di dipinti in una chiesa qualsiasi dello Stato Pontificio? Bene, se lui dipingerà L’ascensione al Paradiso, io farò L’ingresso nell’Inferno e vediamo chi la spunta!”.

Caro Antonio, la gara d’andata, nel XVI secolo, l’ha vinta Tintoretto, ma nel XXI ti sei preso una rivincita degna di un fuoriclasse!

 

Chiunque vorrà emulare gli illustri visitatori degli inferi Ulisse e Dante, con il desiderio di vedere di persona il quadro, rimarrà meravigliato nell’entrare in un luogo unico di inattesa bellezza e ingiustamente ancora troppo poco conosciuto, la Basilica di San Pietro. Con o senza misteri questo monumento è un luogo di preghiera e meditazione quindi meritevole di visita rispettosa.

pubblicato su: Terrenostre (Settembre 2012)

Riguardo l'autore

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Ingegnere impegnato da anni nel campo dell’automazione industriale. Ama il suo lavoro ma al contempo è affascinato anche da: storia, tradizione e misteri della sua terra, l’Umbria. Collabora con alcune riviste e quotidiani e ha la profonda convinzione che il migliore investimento per il futuro sia la cultura, settore in cui l’Italia, per quanti sforzi possa fare, non sarà mai seconda a nessuno.

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