Dalla valle del Tescio un sasso per la storia francescana.
In questi ultimi anni, intorno alla controversa figura del brigante Cinicchia sono nate molte iniziative culturali che hanno fatto emergere una figura non del tutto negativa. Brigante per necessità in un periodo di transizione dal governo pontificio all’unità d’Italia in cui le disparità sociali erano all’apice L’animo “cavalleresco” di “Robin Hood d’Assisi”, è proprio il motivo per cui ancora adesso se ne parla: pubblicazioni su internet, libri, rappresentazioni teatrali, nomi di località e addirittura esercizi commerciali, attestano la sua popolarità nell’ambito locale. Proprio durante una delle ricerche effettuate da Marcello Betti, in collaborazione con la ProLoco di S.Maria degli Angeli, relativa a questo personaggio, in una località nei pressi di Assisi, è stata riscoperta una costruzione denominata appunto “Grotta di Cinicchio”, che ha subito suscitato un dibattito tra gli intellettuali del posto intorno ad una teoria avvincente.
E’ molto probabile che in questo luogo, distante dal centro abitato, si rifugiasse occasionalmente il nostro personaggio, e, da allora, insieme al nome, la grotta ha mantenuto anche l’appartenenza al mito. Tutti, così, si tennero rigorosamente alla larga da quella che era una proprietà ormai acquisita, temendo l’ombra del feroce bandito. In realtà il brigante, operò nella zona solo per un quinquennio per poi cautamente fuggire all’estero in seguito il suo nome continuò a diffondere paure, come quella del buio per i bambini. Questo pensavo fosse il motivo per cui la grotta è rimasta da allora inutilizzata e addirittura dimenticata.
Ma, se Cinicchia vi ha trascorso solo pochi anni, e l’origine del manufatto è risalente all’epoca longobarda, prima di lui chi vi ha soggiornato? Qui sono intervenute le migliori teste pensanti del luogo che, incrociando le fonti storiche, hanno elaborato una teoria interessante.
La conclusione? La grotta potrebbe essere il primo rifugio di San Francesco e proprio il luogo dove si sostiene sia avvenuta la conversione del santo. Lascio la parola alle immagini e ai commenti di Marcello Betti e di chi ha collaborato col lui nella ricerca:
La presenza in epoca medievale di costruzioni nel luogo dove è collocato l’edificio in esame è comprovato, come già accennato nel video, da una miniatura del Polittico di San Rufino (1462) di Nicolò Alunno.
Nei riquadri posti nella parte bassa della suddetta opera si narra la leggenda del martirio di San Rufino che, scoperto a diffondere il Vangelo, fu condannato a morte dal proconsole Aspasio. Proprio nell’ultima scena, che raffigura il corteo funebre del santo, a sinistra di Assisi compare un piccolo edificio laddove ora è collocata la Grotta di Cinicchio. Naturalmente l’Alunno è un artista e non uno storiografo e rappresenta la città non com’era nel III secolo ma simile a come la vedeva lui allora, più di due secoli dopo la morte di San Francesco.
Un’altra interessante veduta della città di Assisi d’epoca medievale, conservata nel Museo della Porziuncola, è proposta dal pittore del XVII secolo, Francesco Providoni.
Nell’ideale ricostruzione del primitivo convento dei frati attorno alla Porziuncola, una misteriosa costruzione compare al margine sinistro dell’opera, nella medesima posizione di quella dell’Alunno.
Incrociamo ora le affermazione che il Prof.Santucci fa nel filmato con ciò che un altro esperto di fonti francescane scrive nel suo libro:
Scelse Francesco come meta delle sue peregrinazioni una grotta poco distante da Assisi in una località chiamata Beviglie, e lì cominciò ad abbandonarsi a meditazioni interiori, ponendo quesiti e attendendo risposte dalla “voce”. Lo seguitava in questa sua fuga dal senso della realtà il solito Uguccione, messogli alle calcagna dalla madre. Divenne la grotta di Beviglie il suo rifugio segreto, la sua Xanadu. Pose Giovanni Moriconi di Pietro un pesante veto al suo servo:
– Tu qui non puoi entrare senza il mio permesso! –
– E perché? –
– Perché dentro c‘è un tesoro che io solo posso trovare. pena la sua scomparsa! –
Arnaldo Fortini: “L’amico, il quale pazientemente lo aspettava, soleva narrare che così turbato Francesco usciva dopo aver dimorato in quella grotta, da apparire quasi un’altra persona.”
Interpretano gli studiosi della psicologia del profondo il bisogno d’intanarsi in una grotta nelle viscere della terra come un ritorno inconscio nell’utero materno. Aggiungono i neurofisiologi che il rifugiarsi in luoghi isolati per realizzare la fuga dal mondo consente quella deprivazione sensoriale che è indispensabile per sperimentare le estasi.
Frugava il poveretto di Assisi, in un’atmosfera d’estasi e di mera follia, nei meandri della sua memoria musicale per ritrovare le intonazioni degli oratori, dei cori, delle cantatine e delle giaculatorie che aveva ascoltato da piccolo nelle chiese e per indirizzarle al più eccelso di tutti i cavalieri. La “voce” proveniente dagli empirei della sua mente alimentava quello che sarebbe diventato il suo delirio mistico religioso. Fuori della grotta Uguccione attendeva scettico il rinvenimento del tesoro.
Paul Sabatier: “Quando, dopo lunghe ore, usciva dalla grotta, il pallore del volto, la tensione dolorosa dei lineamenti testimoniavano a sufficienza il vigore del suo interrogarsi e la violenza degli scontri sostenuti.”
Tommaso da Celano: “Era in preda ad una vivissima agitazione, né poteva darsi pace, finché non avesse compiuto quanto aveva divisato; pensieri di ogni specie si succedevano nella sua mente, turbandolo molto con la loro insistenza.”
Cercava Francino disperatamente di riorganizzare. di riconvertire, di ricostruire la sua vita, la sua storia, i suoi pensieri.
– Il Signore mi ha assicurato che la donna bellissima che sposerò si chiama madonna Povertà o anche madonna Umiliazione. Più umilierò il mio corpo e le mie carni, più sarò degno di lei e del mio Signore! (Francino: l’altra storia di Francesco d’Assisi / Giuseppe F. Merenda – Roma : Armando, [2005])
Lo stesso periodo della vita del santo, discusso in un contesto diverso, porta alla medesima conclusione: che il luogo dove avvenne la conversione di Francesco non è l’Eremo delle Carceri, ma un rifugio tra Assisi e Beviglie, che potrebbe essere appunto proprio la nostra grotta.
Quasi la totalità dei biografi del Patrono d’Italia parla del luogo santo dove è avvenuta la conversione di Francesco. Perché allora di questo posto non si ha più traccia? Tutti gli altri siti francescani sono stati omaggiati da imponenti opere architettoniche: la Porziuncola, il Sacro Tugurio, la tomba di San Francesco, l’Eremo delle Carceri, perché un posto così importante è caduto nel dimenticatoio?
Una possibile spiegazione è che questo luogo sia stato obliato dai secoli perché collegabile oltre che al Santo, anche ad un personaggio che poteva mettere ombra sulla figura alta e pura di Francesco. Il nome di costui è pronunciato proprio dal dott.Prospero Calzolari, appena visto nel filmato. In una delle sue opere più riuscite l’esperto parla appunto di Frate Elia e della “congiura del silenzio”.
Perché di questo importante collaboratore e successore del Poverello si sa così poco? Perché dagli antichi registri del Sacro Convento furono strappati tutti i fogli che si riferivano alla persona di Elia? Perché a frate Tommaso da Celano fu consigliato di ritrattare riguardo la biografia del santo:
…poco prima di morire, come riportato da Tommaso da Celano nella “Vita Prima”, rivolgendosi ad Elia disse: “Ti benedico, o figlio, in tutto e per tutto; e come l’Altissimo, sotto la tua direzione, rese numerosi i miei fratelli e figlioli, così su TE e in TE li benedico tutti. In cielo e in terra ti benedica Dio, Re di tutte le cose. Ti benedico come posso e più di quanto è in mio potere, e quello che non posso fare io, lo faccia in TE Colui, che tutto può. Si ricordi Dio del tuo lavoro e della tua opera e ti riservi la tua mercede nel giorno della retribuzione dei giusti. Che tu possa trovare qualunque benedizione desideri e sia esaudita qualsiasi tua giusta domanda”.
…
Nella “Vita Seconda”, n. 184, arriva addirittura a cambiare le carte in tavola.
Vorrebbe far capire che il Ministro Generale non era Frate Elia.
Infatti per la “Vita Seconda”, trovandosi Francesco vicino a morire, un frate gli avrebbe chiesto di indicare chi poteva essere il Ministro Generale.
Alla domanda, il Celano, mette sulle labbra del Santo morente questa falsa risposta: “Non conosco alcuno capace di essere guida di un esercito così vario e pastore di un gregge tanto numeroso”.
Al tempo stesso nega la scelta a Ministro Generale di Frate Elia, definito invece tale in iscritto e benedetto da San Francesco.
Quello che desta soprattutto giusta indignazione è il sapere che il Celano stesso nella “Vita Prima”, al n. 110, chiama Frate Elia Ministro Generale.
Con la risposta che il Celano mette in bocca a Francesco morente, egli nega al Santo quello che invece gli attribuì nella “Vita Prima”, ai nn. 48-49-50, cioè il celebrato carisma della profezia e di leggere i segreti dei cuori e delle coscienze. (Presenza occulta e manifesta dell’Imperatore Federico II nella Basilica di San Francesco ad Assisi Frate Elia e la congiura del silenzio / Prospero Calzolari)
Al frate costò sicuramente cara la missione in Siria ed in Terra Santa che Francesco gli affidò nel 1217, e la successiva amicizia con l’imperatore Federico II.
Elia infatti, essendo uomo ormai addentro nella ritualità sacra occidentale oltre che alchimista, aveva potuto perfezionare la conoscenza non solo delle scienze esoteriche ebraiche e cristiane, ma anche approfondire lo studio delle tradizioni greco-romane, copte, berbere, indiane e sufiche, che la cultura araba aveva assorbito e sviluppato.
…
In quei due anni frate Elia, durante la lunga permanenza in Terra Santa, oltre a portare avanti trattative diplomatiche delicate, capacità di cui si servì oltre a Francesco anche Federico II , sviluppò e approfondì le conoscenze segrete per la costruzione di luoghi sacri.
…
In quei due anni di permanenza Elia studiò da “architetto di luoghi sacri”, apprendendo con “maestri della pietra mussulmani”, l’arte di costruire ambienti idonei all’iniziazione in cui si creano particolari campi di energia sotto l’effetto di un’alta frequenza e di un basso magnetismo, che consente di sottoporre il corpo dei partecipanti al “rito di iniziazione” ad energie adatte ad aprire progressivamente i centri vitali. (Da Frate Elia a Celestino V / Giovanni Salvati)
Le sue tendenze filo ghibelline, la vicinanza con la cultura mussulmana e l’innovativa “visione superpolitica del mondo” trasmessagli da Federico II, gli costarono la scomunica solo qualche mese dopo quella che raggiunse l’Imperatore. Perfino le sue origini umbre furono messe in discussione con l’intenzione di cancellarlo dalla storia di San Francesco, con il risultato di associare a lui una nuova patria nativa a Cortona.
La sua cultura, le capacità diplomatiche e la sua passione per l’architettura sacra, sono in ogni modo giunte a noi anche se attenuate dai secoli. La chiesa di San Francesco di Assisi e Castel del Monte in Puglia, rappresentano sicuramente l’apice della sua creatività. Immaginate di cancellare dalla storia un personaggio della caratura di Fidia, l’architetto del Partenone, alla stessa maniera in cui Akhenaton, il faraone eretico, fu cancellato dalla storia dell’Egitto perché contrario alla “casta tebana” di Amon!
La nostra ardita teoria è quindi che la costruzione a metà strada tra Assisi, città di Francesco, e Beviglie, terra originaria di Elia, possa essere proprio il luogo della conversione dei due giovani e, a causa di ciò, snobbata, e perfino dimenticata perché associabile al frate eretico.
Abbiamo trovato due indizi: le fonti francescane, la “congiura del silenzio”; siccome ne serve almeno un terzo per fare una prova, ci occorre un’altra correlazione tra Elia, Francesco e la nostra grotta. Questa volta è Marcello Betti a venirci in aiuto. E’ noto che frate Elia, insieme alle maestranze commacine dell’epoca, fu l’ispiratore e l’architetto della chiesa di San Francesco.
Si occupò personalmente della scelta della collocazione del monumento, ricevendo in dono da Simone di Pucciarello, per conto del Papa Gregorio IX, il primo lotto di terreno per la costruzione a ponente della città, sul “Colle dell’inferno”, così chiamato perché vi si giustiziavano i malfattori.
E’ altrettanto conosciuta la propensione per il simbolismo nelle opere del frate costruttore, la cui apoteosi si manifesterà proprio con Castel del Monte in cui tutto è correlabile alla numerologia e alla geometria sacra. Lo stesso altare della Basilica superiore, costruito da Elia, è ricchissimo dei medesimi simboli della costruzione pugliese.
L’idea di edificare la chiesa a forma di “tao” è tutta di Elia, per ricordare questa stilizzazione della croce che tanto piaceva a San Francesco. La facciata dell’edificio è rivolta verso la città di Assisi dove visse e operò il Poverello: la casa paterna, San Rufino devo fu battezzato, Palazzo vescovile dove rinunciò ai propri beni, la Chiesa di San Giorgio, oggi Santa Chiara, che accolse temporanea la sua salma prima della tumulazione. Per ciò che concerne gli altri due lati regolari della Basilica sono direzionati: il primo verso la valle, Santa Maria degli Angeli dove trova collocazione la Porziuncola e la Cappella del transito, mentre l’altro punta proprio verso… la Grotta di Cinicchio, provare per credere!
Mi sono permesso di prendere in prestito una bellissima foto di Mauro Bifani per mostrare l’allineamento di cui parlo e di stimolare l’attenzione su altre coincidenze riferite ad altri monumenti assisani:
Con un po’ di fantasia immagino il frate costruttore pregare nella grotta ricordando gli anni di giovinezza passati insieme a Francesco e assistendo da lì ai lavori, allo stesso modo in cui Ludovico II di Baviera assisteva alla costruzione del poderoso castello Neuschwanstein dalla residenza paterna di Hohenschwangau.
Molto interessante. Avevo letto qualcosa sull’argomento su un libro, dal titolo “Santi e Briganti dell’Umbria” scritto da un ex Sindaco del Comune di Spoleto ( o forse ricordo male) che parlava del Brigantaggio in Umbria.