San Rufino, Francesco Bergamini: un “bagaglio” di ricordi

Categorie: Assisi

Grazie al contenuto di una vecchia valigia riscopriamo l’aspetto dei dipinti celati nella Cattedrale di San Rufino.

L’oggetto misterioso - I bozzetti di Francesco Bergamini per gli affreschi ottocenteschi della cattedrale di San Rufino ad Assisi.

Quanti ricordi suscita in noi un vecchio oggetto che torna dopo tanto tempo sotto i nostri occhi! Era stato sempre lì, in soffitta o in qualche sottoscala nell’attesa di poterci rammentare una parte di storia della nostra vita. Quello su cui ci soffermiamo oggi è, forse, un oggetto più particolare di altri: perché non molti ne conoscevano l’esistenza e pochi si sognavamo che potesse aver a che fare, in qualche modo, con il loro passato. Vogliamo parlare di una valigia, oggi di proprietà della famiglia Bastianini di Assisi, appartenuta in precedenza, com’è scritto sopra di essa, a Carlo Gino Venanzi, un artista assisiate d’inizio secolo scorso. Da subito, le prime istantanee di vita che può narrarci quest’oggetto sono quelle legate al suo vecchio proprietario. Alcune etichette adesive raccontano dei viaggi di colui che conosciamo con il nome di “Signor Architetto”: del suo soggiorno, immaginiamo, fatto per lavoro o semplicemente per l’innata passione per il bello, presso il magnifico Hotel Danieli di Venezia. Fu, invece, sicuramente l’amore per la pittrice Berha Rockwell, sua futura moglie, il motivo dell’altro viaggio di cui il Venanzi si volle ricordare, quello fatto a New York.

E’, però, il contenuto della valigia stessa a tener memoria di un’altra interessante storia che ebbe inizio più di 130 anni fa e che la recente pubblicazione di Paola Mercurelli Salari ha restituito al grande pubblico.

Nel 1881 i canonici della cattedrale di San Rufino di Assisi, stimolati dell’incombere del settimo centenario della nascita di San Francesco, decisero, come ci ricorda don Giuseppe Elisei, di “abbellire la Chiesa, in modo non transitorio ma permanente, cioè non con paratura, sebbene con decorazioni in pittura”. L’antica chiesa di San Rufino, nei secoli, era stata infatti più volte restaurata e ammodernata, perdendo così le caratteristiche peculiari della primitiva cattedrale romanica del XII secolo progettata da Giovanni da Gubbio. I frati vollero dunque tentare, in vista dei solenni festeggiamenti francescani, di far recuperare alla chiesa il suo aspetto originario. Il 3 giugno 1881, dopo il vaglio da parte dell’Accademia di Belle Arti di Perugia, l’incarico fu affidato ad Alessandro Venanzi, padre di Carlo Gino.

La chiesa - I bozzetti di Francesco Bergamini per gli affreschi ottocenteschi della cattedrale di San Rufino ad Assisi.

L’interno della Cattedrare di San Rufino – oggi

Data l’imponenza dell’opera e visti i tempi ristretti per la sua realizzazione, il Venanzi coinvolse tutti i suoi collaboratori e richiamò da Roma un suo ex allievo dal promettente talento: Francesco Bergamini. Dopo una cospicua produzione grafica preparatoria, la scuola del Venanzi, in poco più di un anno, riuscì nell’impresa di decorare ogni porzione di parete non interessata da interventi precedenti. Le immagini principali dell’Eterno benedicente, di San Pietro, di San Paolo, dei quattro Evangelisti, degli Apostoli e di uno stuolo di angeli erano legati insieme per mezzo di riquadri, fantasiosi motivi vegetali e animali, candelabre, fondi stellati, stucchi con busti a tempera, finti drappi, testine angeliche, putti musicanti, racemi, foglie d’acanto, vasi, finti rilievi e, in ultimo, si appose uno stemma recante la data dell’intervento, il 1882.

Mi stai prendendo in giro? L’interno della cattedrale di San Rufino non ha niente di quello di cui parli, colpisce, anzi, per l’essenzialità delle linee e una ridotta presenza di decorazioni murarie. Dove è finito quel vasto ciclo pittorico?

In effetti, fin da subito, il lavoro del Venanzi suscitò polemiche per l’esuberanza cromatica e per l’eccessivo indulgere in apparati decorativi che, a detta di alcuni, poco armonizzavano con la sobria architettura del precedente restauro cinquecentesco effettuato Galeazzo Alessi. Non piacque neppure l’intenzione del Venanzi di recuperare e rieditare, con l’obiettivo di “rinnovar serbando“, lo stile rinascimentale locale a scapito del periodo medievale che, proprio ad Assisi, aveva espresso alcune delle pagine più importanti della storia dell’arte italiana.

La valigia - I bozzetti di Francesco Bergamini per gli affreschi ottocenteschi della cattedrale di San Rufino ad Assisi.

Nell’occasione di un nuovo centenario della nascita del Santo, quindi, fu programmata la realizzazione di altri interventi all’interno della cattedrale di San Rufino. Il primo venne realizzato nel 1970: “I pilastri della navata centrale sono stati liberati di tutte le incrostazioni accumulate nel tempo, quali lapidi mortuarie o celebrative, stucchi decorativi o baldacchini, ecc e sono stati riportati alla primitiva purezza di linea conferita loro dall’Alessi.” Ne seguì poco dopo un secondo, nel 1982: “la volta decorata fornisce un contrasto stridente con le bianche strutture verticali e frantuma l’unità dello spazio architettonico cinquecentesco. riteniamo necessario eliminare la decorazione della volta, portando anch’essa al colore bianco dei pilastri”. Nel restauro era comunque previsto un parziale recupero delle pitture esistenti che dovevano essere staccate dall’intonaco per “essere conservate nel museo del Duomo”. La perizia effettuata prima dei lavori del 1982 cambiò la sostanza dell’intervento da eseguire sulle decorazioni esistenti: “Le pitture che coprono totalmente la cupola e il transetto del duomo di San Rufino, essendo di recente lavorazione (intorno al 1915) saranno passate con una mano di fissante acriliblok, successivamente con tempera coprente in modo che la mantenga nel tempo per i nostri posteri, i quali, se vorranno, potranno riportare alla luce le pitture stesse.” In una successiva e conclusiva perizia, conservata nell’Archivio della Sovrintendenza dell’Umbria, si legge che, in ultimo, per questioni economiche si decise di stornare le somme destinate al fissaggio per consentire lo smontaggio dell’organo e la pulizia degli stucchi del transetto.

I bozzetti di Francesco Bergamini per gli affreschi ottocenteschi della cattedrale di San Rufino ad Assisi

I bozzetti di Francesco Bergamini per gli affreschi della cattedrale di San Rufino ad Assisi

L’interno della cattedrale, dopo poco meno di un secolo tornò quindi completamente bianco, ad eccezione delle decorazioni antecedenti il Venanzi, non soggette ad alcun intervento di “imbiancatura”. L’intenzione del restauro di riportare la chiesa all’aspetto cinquecentesco non poté concretizzarsi completamente e, ad oggi, tratti di muro romano in vista convivono con paraste alessiane e stucchi barocchi. Non vi è invece più traccia dell’intervento ottocentesco.
E’ un peccato che il ricordo di quest’opera, se pur giudicata poco adatta al contesto in cui fu inserita, sia affidato solamente alla memoria dei nonni e alle foto in bianco e nero!
Sorpresa delle sorprese, apriamo la nostra valigia e rispuntano, come il coniglio dal cappello di un mago, le immagini dei santi e degli angeli così come, nel ‘800, le dipinse la bottega di Alessandro Venanzi. Quest’opera che sembrava perduta per sempre rivive nei bozzetti contenuti in questo scrigno della memoria. Gli schizzi preparatori, in matita nera e carboncino, dell’opera realizzata a San Rufino sono firmati proprio dall’allievo di Venanzi, quel Francesco Bergamini che, chiamato dal vecchio maestro, era venuto da Roma per cogliere l’occasione della vita. I disegni sono la testimonianza dell’accuratezza e della diligenza con cui fu curato ogni piccolo dettaglio: le mani, i piedi, le angolazioni dei panneggi, i volti, i serafini nelle nicchie, tutto doveva essere perfetto.

Queste carte rappresentano, inoltre, l’unico ricordo di quel ciclo pittorico, e un raro documento dell’arte locale tardo ottocentesca lungi dal ridursi, solo per l’appellativo “locale”, a pittura minore.

pubblicato su: Terrenostre (Febbraio 2013)

Riguardo l'autore

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Ingegnere impegnato da anni nel campo dell’automazione industriale. Ama il suo lavoro ma al contempo è affascinato anche da: storia, tradizione e misteri della sua terra, l’Umbria. Collabora con alcune riviste e quotidiani e ha la profonda convinzione che il migliore investimento per il futuro sia la cultura, settore in cui l’Italia, per quanti sforzi possa fare, non sarà mai seconda a nessuno.

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