I “Cerchi di Verchiano” su Fenix

Categorie: Foligno

Già in altre occasioni Fenix ha parlato di strani cerchi di pietre che affiorano nel nostro paese, apparentemente senza una spiegazione. Un nuovo avvistamento in territorio umbro di poco più di un mese fa, ha evidenziato una formazione di 13 cerchi perfetti, nuovamente senza un perché. Un altro disegno che si somma alle recenti scoperte, un nuovo tassello per risolvere l’enigma delle Stonehenge italiane.

I cerchi di Verchiano su Fenix di ottobreUna scoperta casuale sembra aver regalato all’Umbria un nuovo sito archeologico e con esso un intricato mistero. Osservando alcune immagini aeree di Verchiano, piccola frazione montana del Comune di Foligno, su una collinetta prospiciente l’abitato, l’appassionato di storia Marcello Betti ha notato un’anomala presenza di tredici cerchi concentrici perfetti. La successiva visita del sito ha portato alla luce una costruzione in pietra a cui nessuno aveva fatto caso, e che nessuno riusciva a spiegarsi. Si tratta di una serie di ampi cerchi di pietre uno dentro l’altro a distanze regolari. Il materiale utilizzato è stato presumibilmente prelevato dal luogo stesso è, infatti, presente sul lato interno di ciascun cerchio un relativo solco nel terreno. Avevamo già avuto modo di conoscere la costruzione circolare del “Monte il Cerchio” nel comune di Massa Martana (Fenix n.44 – giugno 2012) differente però da quest’opera, che non ha eguali in tutto il territorio umbro, della quale colpisce lo stridente contrasto tra il metodo rozzo con cui è stata edificata, utilizzando pietre non squadrate sistemate a secco in ordine casuale e l’incredibile precisione geometrica che si coglie dalla veduta aerea.

Una disposizione simile ad un’altra “stonehenge italiana” (Fenix n. 39 – gennaio 2012) dal nome di Sercol, sito nel bresciano, la cui distribuzione delle pietre è pressoché identica. Presumibilmente antico, l’idea che fosse un luogo di culto o che venisse usato per le osservazioni astronomiche ci ha condotto lungo una nuova pista, dopotutto le altre stonehenge italiane hanno in comune questa ipotesi. Non a caso anch’esso si trova esattamente in cima ad una collinetta nei pressi di una importante via di comunicazione del III secolo a.C. che univa la Valle Umbra all’Alto Piceno. La zona è conosciuta come “Torricella”, un toponimo che suggerisce una torre in cima al monte, abitata dagli antichi Umbri, popolazione di pastori che già dal neolitico colonizzarono le zone montane, preferite rispetto alle acquitrinose pianure. Della loro presenza oggi rimangono i resti di circuiti di mura in pietra che, come anelli, attorniavano le sommità di alture e monti. Queste costruzioni, chiamate “castellieri”, dalle funzioni ancora non completamente accertate, svolgevano probabilmente il duplice scopo d’avvistamento e di difesa del vicino centro abitato, oppure, più semplicemente, erano dei ripari notturni di greggi di ovini che stanziavano di notte sui pascoli più alti. Costruzioni circolari che riportano alla memoria la civiltà nuragica con la famosa Barumini in Sardegna o Arkaim negli Urali dove, intorno all’età del bronzo, la misteriosa popolazione dei Sintashta costruì un’intera città a geometria circolare. Le pietre disposte in cerchi concentrici costituivano luoghi sacri a ricordare la forma del Disco Solare, che questa popolazione sembra venerasse come un dio. Ma qui siamo di fronte a qualcosa di differente. Un sito che ha immediatamente solleticato la curiosità di istituzioni e ricercatori, ma la Sovrintendenza ha fermato l’entusiasmo giustificando l’anomalia come risultato di un’opera di dissodamento montano, per rimboschire la zona con alberi di pino nero. L’ipotesi, però, non convince: c’era un Piano di rimboschimento nazionale e se questa attività avvenne in tutta Italia, dovrebbero esserci molti più cerchi nella penisola. Inoltre la finalità dell’impegnativo lavoro di dissodamento è la coltivazione e sembra strano focalizzarsi solo in cima ad un’impervia collinetta, non facendo lo stesso sulle altre aree vicine. Ci si interroga sul perché sia stata utilizzata una tecnica così dispendiosa in termini di tempo e che non avrebbe permesso l’utilizzo di mezzi meccanici, demandando tutto al lavoro manuale. Chi tanto ardito li avrebbe creati a forza di braccia (le pietre sono molto pesanti), impiegando giorni di lavoro, e perché? I cerchi sono assolutamente perfetti e attorno non ci sono segni di scavi o di irregolarità del terriccio per smottamenti con macchinari agricoli. La pendenza della collina e l’eventuale presenza di arbusti nell’area circostante (circa 2000 metri quadrati) avrebbero complicato ulteriormente l’opera di tracciatura. Non sarebbe stato più semplice realizzare solchi rettilinei o scavare buche solo in corrispondenza della pianta da collocare? Colpisce inoltre la precisione e la meticolosità con cui il tutto è stato realizzato. Non ci sono pietre estratte e poi gettate casualmente, ma sono tutte rigorosamente accatastate dal medesimo lato di ogni cerchio. Gli arbusti, che oggi ricoprono circa la metà della collina, non sono tutti della stessa specie e pochi di essi sono posizionati all’interno dei solchi. Non c’è traccia, neanche parziale, di ricoperture delle buche che possa far pensare ad una messa a dimora di piante. Perché quindi fare più di un chilometro di fosso per poi lasciarlo inutilizzato? Ultimo dei 13 cerchi di VerchianoIl cerchio più esterno, con diametro di circa 50 metri, se pur fabbricato con lo stesso materiale, sembra realizzato da una mano diversa. Se gli altri sono composti da pietre tagliate rozzamente e accatastate in maniera casuale ma comunque secondo una linea precisa e ordinata, quest’ultimo è costituito per circa un terzo di circonferenza (per la parte rimasta oggi ancora intatta) da un vero e proprio muretto a secco alto più di un metro e largo altrettanto, eseguito con impeccabile precisione. Non è presente, come negli altri casi, il relativo solco e non si coglie il reale utilizzo di questo cerchio nell’ottica di un dissodamento di un’area montana. Ci suggerisce quindi essere un recinto per chiudere e chissà, forse proteggere l’area sacra. Dunque i cerchi dovevano essere 12? Un numero non certo casuale. Simbologia numerica ben più antica dei 12 apostoli, essa tocca culti che vanno dall’Egitto al nuragico. Un disegno che doveva essere visto dall’alto  un’opera finalizzata a qualcosa di ancora sconosciuto, forse di sacro se posto in relazione con gli altri siti. Quando viene rinvenuto qualcosa di enigmatico, è atto scientifico confrontarlo con elementi simili conosciuti, per cercarne le coincidenze. Come ad esempio i labirinti sull’isola di Gotland in Svezia, cerchi che affiorano dal terreno per la presenza di un flusso di energia tellurica che avrebbe un effetto benefico sull’organismo  in quanto se percorso si possono assorbire energie salutari. Non è casuale che occorre seguire le linee dei labirinti pavimentali per trarne beneficio. L’intenzione, fino a prova contraria, è di proseguire con le ricerche, sia nell’analisi del terreno, nella ricerca di documenti, che nella raccolta delle testimonianze affinché si riesca a trovare una soluzione all’enigma.

pubblicato su: Fenix (Ottobre 2013) – In collaborazione con Isabella Dalla Vecchia di Luoghi Misteriosi

Riguardo l'autore

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Ingegnere impegnato da anni nel campo dell’automazione industriale. Ama il suo lavoro ma al contempo è affascinato anche da: storia, tradizione e misteri della sua terra, l’Umbria. Collabora con alcune riviste e quotidiani e ha la profonda convinzione che il migliore investimento per il futuro sia la cultura, settore in cui l’Italia, per quanti sforzi possa fare, non sarà mai seconda a nessuno.

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