Turista ad Armenzano – 2. Una giornata a Roma

Categorie: Armenzano

Un po' di Roma ad Assisi e SpelloIn inverno, in tutta la zona periferica del comune di Assisi, il turismo diminuisce notevolmente rispetto alla bella stagione. La temperatura ad Armenzano è mediamente di qualche grado più bassa rispetto alla pianura. Tale caratteristica ha un buon riscontro nei mesi estivi in cui c’è necessità di fuggire dalla canicola del caldo ma, con l’autunno, la zona si spopola e spesso anche noi preferiamo chiudere.
A differenza del solito, un anno, due «pazzi» disinteressati al clima scelsero lo stesso di soggiornare da noi per qualche notte. Eravamo tra pochi intimi e perciò li coccolammo più del solito, loro dimostrarono di apprezzare e finsero addirittura di essere interessati a me che cercavo di fare loro da cicerone.
Era il periodo natalizio e andammo insieme ad una delle manifestazioni meglio riuscite della nostra frazione: il presepe vivente. Il paese si presta in maniera eccezionale a questo tipo di ricostruzione storica e, quando scende la notte, sembra di essere veramente tornati indietro nel tempo. Scene di vita quotidiana ed episodi sacri legate alla natività di Gesù si mescolano al fumo delle torce, al cielo stellato, e a volte alla neve.
Prima della rappresentazione, l’altoparlante chiamò tutti noi a raccolta per avvisarci che di lì a pochi minuti sarebbe iniziato tutto, dando ragguagli sulla storia della città e spiegando come era nata la manifestazione. Le persone presenti, distratte dai costumi e dall’ambientazione, non sembravano dare molta attenzione alle parole. Io, che conoscevo tutto a memoria, avendo seguito in più occasioni la stessa registrazione, in quella circostanza la ascoltai più attentamente del solito. Meditai più di altre volte su come una cittadina così piccola potesse vantare una storia così lunga. Poteva essere interessante scavare un po’ nel nostro passato. Grazie ad una buona dose di fantasia e con l’aiuto di qualche libro mi è venuta un’idea. Immaginiamo che, proprio come succede ogni Natale ad Armenzano, le persone che vengono a soggiornare presso il nostro B&B possano fare un viaggio nel passato, magari con il tempo scandito dai secoli o dai decenni invece che dalle ore.
E’ così che è iniziata nella mia mente una lunga avventura.
Siamo in mezzo al mare…
I nostri ospiti si trovano catapultati ai Caraibi. Sì, avete capito bene: …alghe verdi, coralli coloniali, molluschi e banchi oolistici. L’ambiente può essere confrontato con quello attuale delle Bahamas, caratterizzato da isolotti e da scogliere. (F.Venturi, S.Rossi (2003) Subasio: origine e vicende di un monte appenninico)
Durante l’Era Mesozoica, 200 milioni di anni fa, il mare della Tetide ricopre quasi completamente l’area in cui si formerà l’ossatura della penisola italiana e separa due masse continentali: a Nord l’Eurasia e a Sud l’Africa. Sotto questo mare ricco di vita si sta formando il Bacino umbro-marchigiano, futuro Appennino.
Sul fondo si accumulano progressivamente fanghi calcarei prevalentemente di origine organica. Le acque tropicali dall’alta temperatura, infatti, contengono in soluzione molto carbonato di calcio in grado di fissarsi nei gusci e negli scheletri degli organismi. Alla loro morte, le carcasse cadono sui fondali formando per macerazione un composto fangoso. Nei millenni questi depositi organici si solidificano, apparendo infine come rocce dure e stratificate. Un sistema di onde orogeniche, progressivamente ma inesorabilmente, spingono il fondale che completa la sua emersione nel Miocene: 5 milioni di anni fa, cosicché la penisola italiana, e quindi anche l’area del Monte Subasio, assume l’aspetto a noi familiare.
Dal mare alla montagna in un colpo solo!
Resti di bacini lacustri occupano ancora parte della pianura; l’uomo inizia a popolare prevalentemente la zona collinare e montana, sfruttandone le ricche risorse animali e vegetali.
A ricordo del nostro passato, qua e là, fossili di piccoli animali preistorici affiorano dal terreno. I più comuni sono le ammoniti. Non è facile rendersi conto che si tratta di conchiglie di molluschi marini estinti. Questi animali vivevano in sospensione nell’acqua nuotando attivamente, oppure si spostavano sul fondale alla ricerca del cibo, come si comportano attualmente i nautili, abitanti delle acque buie oceaniche. (F.Venturi, S.Rossi (2003) Subasio: origine e vicende di un monte appenninico)
I resti di questi piccoli animali sono stati per secoli considerati scherzi della natura o opera di dei bizzarri. Gli ammoniti prendono infatti il nome dal dio Ammon: la personificazione di Giove con sembianze di ariete, come narrato da Plinio il Vecchio. Queste conchiglie a spirale sarebbero appunto le corna pietrificate di Ammone. Solo più avanti ci si rende conto che sono semplicemente resti organici.
Le carcasse ed altri resti di animali morti dopo un trasporto più o meno lungo andavano a finire sopra al fango del fondale. Se restavano a lungo esposti venivano distrutti dagli agenti meccanici, da batteri o dagli animali necrofagi. Se interveniva un seppellimento rapido i gusci vuoti, gli esoscheletri ecc. avevano la possibilità di fossilizzarsi perché sottratti all’azione dei distruttori… Sulla fossilizzazione degli organismi ha influito successivamente la diagenesi (processo di cambiamento fango –> roccia), dovuta al peso che aumenta progressivamente con l’accumularsi dei sedimenti. In questa fase avvengono ulteriori trasformazioni a carico del resto organico, che acquista stabilità fisico-chimica rispetto alla roccia incassante. (F.Venturi, S.Rossi (2003) Subasio: origine e vicende di un monte appenninico)
Oggi stiamo ospitando una coppia di giovani sposini che ha deciso di passare da noi la luna di miele e, dopo una settimana di mare, ora si appresta a andare per città d’arte; in particolare visiteranno «Assisium» nell’epoca romana. Mentre s’incamminano lungo il sentiero che da noi porta al paese ci fanno un cenno di saluto con la mano. Sembrano entusiasti; stanno andando alla scoperta dei primi popoli capaci di colonizzare la nostra zona.
Gli elementi più antichi che attestano una frequentazione umana provengono essenzialmente dal territorio circostante Assisi e documentano una presenza che risale al Neolitico, 1900-1800 a.C. circa, vale a dire appena qualche ora fa. E’ la popolazione degli Umbri a colonizzare per prima la nostra zona. Della loro presenza oggi rimangono soltanto i resti di circuiti di mura in pietra che, come un anello, attorniavano le sommità di alture e monti. Queste costruzioni prendono il nome di «castellieri»: se sono disposti a corona indicano la presenza di grossi insediamenti, se sono invece isolati testimoniano la presenza di piccoli villaggi di capanne.
Il loro utilizzo e la loro funzione non sono stati completamente accertati; forse saldamente presidiati da un discreto numero di guerrieri armati, svolgevano la duplice funzione d’avvistamento di eventuali gruppi di visitatori indesiderati e di difesa del vicino centro abitato, oppure, più semplicemente, erano dei ripari notturni alle moltissime greggi di ovini che stanziavano anche di notte sui pascoli alti. (Maestrini, Antonio (2001) C’era una volta… gli umbri)
Armenzano si adatta bene alla descrizione del Maestrini, anche se non ci sono documentazioni archeologiche a riguardo. Il borgo è posto a metà strada tra la valle e la cima del monte Subasio e, come gli Umbri, la sua popolazione è stata sempre dedita all’agricoltura, ma soprattutto alla pastorizia. Non a caso Armenzano, pur essendo un nome risalente probabilmente ad un’epoca successiva, significa «Armenza Jani» (Storia imperfetta di Assisi – sec.XVIII), cioè le «Greggi di Giano», in quanto un vicino tempio di Giano, dio molto venerato ad Assisi, vi possedeva del bestiame.
I villaggi umbri sono governati da un capo clan, di solito il maschio più anziano ed esperto, che: sceglie il posto da colonizzare, svolge gli opportuni riti per propiziarsi gli dei, ricopre il ruolo di giudice, decide i capi da uccidere per il consumo o per i sacrifici sacri e stabilisce il momento della partenza per le transumanze. Chi popola le zone di montagna, infatti, soffre particolarmente il rigore invernale e per sfamare il bestiame si sposta con le proprie greggi all’inizio della stagione fredda, per poi tornare indietro dopo qualche mese, infine, nel cuore dell’estate le mandrie vengono portate a brucare sulla cima del monte Subasio. E’ una sensazione strana sapere che, per i moderni allevatori, da allora ad oggi niente è cambiato!
I turisti nel frattempo sono arrivati nel posto dove sorgerà il paese e per ora c’è solo il castelliere e qualche capanna. Da lì proseguiranno grazie al passaggio chiesto ad un contadino del luogo che in questo momento sta riempiendo il carro con i prodotti da portare alla città di Assisium.
Numerosi reperti archeologici indicano che Assisi trae le sue origini da un piccolo villaggio abitato da Umbri già nel periodo villanoviano, tra il IX e l’VIII secolo a.C. Nella zona sono stati rinvenuti poi corredi funerari del secolo VI a.C. L’esistenza di un luogo di culto sulla sommità del Subasio (località Torre Messere) è attestata infine da alcuni bronzetti votivi di dimensioni miniaturistiche, databili al V sec. a.C. (Strazzulla, Maria Jose (1985) Assisi romana)
Un nucleo urbano inizia ad acquistare una reale consistenza soltanto nel corso dei secoli successivi, in coincidenza con l’età ellenistica, e al suo coagulo ha contribuito la presenza di aree dedicate al culto e alla salute del corpo.
Con la progressiva colonizzazione romana, i «rigores», le strade di collegamento tra noi e la città, diventano sempre più percorribili e, nel III secolo, è eseguita una completa ristrutturazione di essi in base alle nuove esigenze della popolazione locale.
L’urbanizzazione della zona, come anche altrove in Umbria, si sviluppa tra il V e il IV secolo a.C. Tra il III e II secolo a.C. poi iniziano a diffondersi i primi documenti epigrafi redatti in lingua umbra; con il tempo si passa poi ai caratteri etruschi ed infine al latino nel momento in cui la romanizzazione del territorio umbro è già incipiente.
Nel 399 a.C. Assisium diviene colonia di Roma e orbita sotto il suo controllo fino al 295 a.C. quando, con la battaglia di Sentino, i Romani impongono definitivamente il loro dominio nell’Italia centrale.
Per combinazione, anche i proprietari del carro che sta portando i nostri ospiti ad Assisium sono freschi sposi ma, come coppia, sembrano alquanto diversi da loro. Dagli abiti che indossano si intuisce la loro bassa estrazione sociale. La donna se ne sta timidamente in un angoletto sempre a capo chino. Il marito giuda il carro, non degnandola mai di una parola. E’ molto più anziano di lei, tanto che potrebbe addirittura essere suo padre. Tutto ciò è normale per il tempo, o siamo di fronte ad un’eccezione?
Nella società romana esistono donne: emancipate, argute, intelligenti, capaci di conversare, amanti della poesia, appassionate di politica, pronte in ogni momento ad esporre il proprio parere, e capaci di vivere il sesso non come un tabù. Sono però tutte donne di alto rango o in ogni caso di classe agiata, che abitano i grandi centri. Altrove, negli strati poveri e nei luoghi lontano dalla mondanità, le regole arcaiche governano ancora le famiglie.
La vita non è facile per queste donne legate alla tradizione.
La loro infanzia dura pochissimo, sotto Traiano, come in tutte le epoche dell’Impero. Viene, infatti, concessa prestissimo in sposa al marito. L’età a volte è di tredici anni, a volte meno, persino dieci!
In questi casi, però, precisi accordi tra le parti vietano al neosposo di avere rapporti sessuali con la moglie bambina.
…Perché vengono fatte sposare così giovani?
I motivi sono numerosi, ma essenzialmente è perché devono fare tanti figli, sapendo che molti moriranno…
E poi c’è il fattore tempo: le donne sanno che rispetto agli uomini hanno una vita breve. E la causa sono proprio i parti. In assenza di conoscenze mediche e igieniche come quelle attuali, mettere al mondo un figlio in quest’epoca è un’impresa eroica. (Angela, Alberto (2010) Impero)
Il viaggio in calesse è stato sicuramente duro ma, fatti due conti, sono arrivati appena in tempo per vedere la nascita della città, e ne valeva la pena!
La città romana si sviluppa entro una cinta muraria di circa 2500 metri e include un’area di più di 55 ettari. Contemporaneamente alla realizzazione delle mura è stato realizzato un sistema di terrazzamenti interni e connessa viabilità che ha reso possibile, grazie anche a numerosi fattori religiosi, economici e politici, la costruzione di un nucleo urbano con un gran complesso edilizio di carattere pubblico capaci di conferire all’insieme un’eccezionale veste monumentale. Il fulcro della città è sicuramente il tempio tradizionalmente detto «della Minerva» con il suo foro posto proprio nello spazio immediatamente sottostante.
Gli sposini sembrano estasiati da quello che stanno osservando. Dinanzi a loro c’è il «circus» alle cui propaggini sta per essere ultimato un poderoso anfiteatro. Questa zona non è altro che una grande area libera, destinata ai giochi e agli esercizi paramilitari della gioventù locale, e sarebbe più appropriata chiamarla «campus». Non è dotata di strutture stabili in muratura, ma in questi giorni è stata completamente attrezzata con impalcature lignee in prospettiva di poterci svolgere i prossimi «ludi».
Distratti nell’ammirare questi possenti edifici, senza neanche accorgersene, i due ragazzi sono d’improvviso davanti alle mura urbiche e ad una monumentale porta ornata da due possenti torrioni di difesa: l’ingresso alla città.
Dopo un po’ di attesa il presidio di guardia li fa passare, li sta aspettando Galeo Tettienus eminente membro della «gens Petronas» che governa l’urbe, e mio buon amico. Percorrono insieme a lui una via porticata con possenti colonne alte quasi otto metri, che si snoda all’interno della porta da cui sono entrati. Galeo fa vedere loro l’imponente mausoleo posto sul suolo cittadino a mo’ di «sepulcrum publicum», eretto a seguito di un decreto del senato locale, e destinato (G.Bonamente, F.Coarelli (1996) (a cura di) Assisi e gli umbri nell’antichità) a ricordare le gesta dei suoi illustri antenati. Attraversano insieme la zona del teatro, passano per uno dei più antichi terrazzamenti monumentali dell’urbe dove ammirano una monumentale cisterna per l’approvvigionamento idrico.
Mentre camminano estasiati Galeo si presenta, parlando un po’ di se: “Appartengo alla famiglia patrizia più in vista della città e faccio parte, da quando ero giovane, della vita politica locale. Sono un predestinato, tutti quelli che mi hanno preceduto erano uomini politici, e sono stato istruito per questo fin da piccolo. Che strane mi sembravano da giovane quelle convenzioni che dovevo rispettare e che oggi insegno a mio figlio, incominciando dal mattino quando fuori dalla porta i miei «clienti» mi auguravano buona giornata. Ricordo ancora quando mi fu assegnata la prima carica pubblica. Ero agli inizi della mia carriera politica e avevo pochi clienti: un paio di liberti, un soldato congedato dalle legione in cui avevo servito per poco tempo, e il capo di una famiglia plebea che abitava in campagna e che da anni era sotto la protezione dei Petroni. Avrei potuto anche farne a meno, ma mio padre aveva insistito dicendo che un uomo all’inizio della proprio carriera politica doveva avere qualche cliente che lo assillasse al mattino per conferirgli dignità. Mi salutarono come loro protettore e mi chiesero se quel giorno avessi bisogno di qualche servigio. Solo tra qualche anno avrei potuto realmente aver bisogno di una cerchia di clienti, ma questa era la consuetudine.
Il mio portinaio portò loro piccoli doni in cibo che essi avvolsero nei tovaglioli, e poi tutti andammo a fare visita al mio protettore: mio padre. (Maddox Roberts, John (1994) S.P.Q.R.)
Ne ho fatta di strada da allora e ora siedo nel seggio centrale delle sette «sellae curules» riservate al collegio dei «quinqueviri» proprio lì alla base del tempio.”
Dicendo ciò si ferma ad indicare proprio il sedile più importante del «suggesto», l’area rialzata del foro principale della città vicino al quale i tre sono appena arrivati (Galeo Tettienus Petronianus è un personaggio realmente esistito e divenne console all’apice della sua carriera politica nel 76 d.C. (G.Bonamente, F.Coarelli (1996) (a cura di) Assisi e gli umbri nell’antichità)). Da questa grande terrazza al centro di Assisium è possibile godere della vista di tutta la vallata e spicca imponente il tempio di Minerva con nelle vicinanze l’edicola votiva dedicata ai Dioscuri.
Galeo ha portato i nostri ospiti nel luogo in cui si congederà, ma prima, indica loro un edificio da cui escono piccole e regolari colonne di fumo: le terme della città, famose e rinomate in tutta la zona. Il fumo è prodotto da enormi caldaie che bruciano legna a pieno ritmo per riscaldare l’acqua. Fuori c’è già la coda indistintamente composta da uomini e donne, vecchi e bambini. Le terme, infatti, non fanno distinzione di classe e uniscono artigiani e soldati, ricchi e poveri; l’entrata non è libera ma è a buon mercato e quindi tutti se la possono permettere.
All’ingresso c’è un porticato che circonda una grande vasca: è il «natatio», una piscina profonda un metro che costituisce la prima tappa del percorso da seguire, passando poi per il «calidarium», il «tepidarium» e il «frigidarium». La gente utilizza questo luogo per rilassarsi, chiacchierare e rinfrescarsi dalla calura estiva. Attorno al complesso balneare c’è un giardino con statue e fontane dove si può passeggiare e leggere in tranquillità.
Nuotare mette appetito e appena usciti gli sposi cercano subito un’osteria e domandano ad un passante.
“…c’è un buon posto qui vicino, dopo il nuovo quartiere di «insulae»” è la risposta che ricevono.
La moglie guarda il marito con aria perplessa:
“Quartiere di che?”
Lui spolverando i ricordi di scuola risponde: “Le «insulae» erano il nuovo tipo di abitazione entrato in uso quando il perimetro della città in espansione era arrivato fino alle antiche mura e non restava più altro modo di estendersi se non verso l’alto. Questi edifici arrivavano a cinque, sei, perfino sette piani. I benestanti avevano gli appartamenti a piano terreno, dove c’era l’acqua corrente, mentre i poveri occupavano i piani superiori. Queste abitazioni avevano l’intollerabile difetto di crollare improvvisamente a causa dei materiali scadenti impiegati nella costruzione. I censori continuano a emettere leggi per regolamentare l’edilizia ma i costruttori persistevano nel violarle. (Maddox Roberts, John (1994) S.P.Q.R.)”
Il nostro protagonista si ricorda proprio bene, infatti, appena entrati in quel quartiere la luce solare scompare, perché le «insulae» sono così alte e le strade così strette che il sole non riesce a illuminarle.
Ecco qui davanti a loro una «popina»: il nome romano della taverna, la migliore della città. L’ingresso è ampio ma è occupato per metà da un bancone fatto a “L” rivestito da lastre di marmo, in questa maniera il gestore riesce a dare da mangiare sia alla gente seduta all’interno sia alle persone in piedi all’esterno. L’ambiente è grande e dispone di molti tavoli dove stanno mangiando sia uomini che donne; somiglia moltissimo ad un’osteria dei giorni d’oggi. Sulla superficie del bancone ci sono degli ampi fori circolari altro non sono che le imboccature di grandi anfore incorporate all’interno contenenti i cibi da servire.
I pasti sono a base di legumi, uova sode, olive, formaggi, farro, spiedini di carne arrosto con rosmarino, cipolle o fichi. Di solito a pranzo si mangia qualcosa in maniera frugale per restare leggeri durante la giornata. Da bere? Vino spesso servito caldo o cocktail come il «piperatum» ottenuto mescolando: miele, pepe, estratti aromatici, vino e acqua calda. A prima vista quest’ultima pietanza agli sposini non sembra molto appetitosa ma solo perché non hanno ancora provato il «garum»: la specialità del luogo; e pensare se sapessero come si produce!
Volendo sintetizzare, si buttano le viscere dei pesci in un recipiente (o addirittura nelle vasche), assieme ad una abbondante quantità di sale. Si aggiungono dei pesci piccoli come i zatterini, simili a delle minuscole sardine, oppure le trigliette ecc. Poi si lascia il tutto a macerare a lungo sotto il sole, rimestando di continuo. Il caldo e il sole decomporranno il miscuglio, ma il sale eviterà che vada davvero a male. A questo punto, si calerà nel recipiente un setaccio di vimini a maglie strettissime e lo si premerà verso il fondo. Il liquame che filtrerà all’interno del setaccio è… la parte più pregiata! Verrà imbottigliata in piccole anfore e servita a tavola: è il «garum». Quello che rimarrà sul fondo della vasca o del recipiente sarà una sostanza densa di qualità minore, ma ugualmente servita a tavola, chiamata «allec». (Angela, Alberto (2010) Impero)
I rapporti tra Assisium e la sede centrale di Roma rimangono intensi per tutto il primo periodo imperiale ma, dal II secolo d.C. in poi progressivamente si riducono e la città umbra sarà destinata ad una tranquilla e monotona vita provinciale priva di episodi di rilievo.
Nel tempo di questo spuntino i due si sono persi l’età tardo-antica e la predicazione del vescovo Rufino che nel secolo III inizia a diffondere il cristianesimo nella zona. All’epoca di Costantino cadono i templi pagani e, sulle loro rovine, sorgono quelli cristiani. La città diviene presidio gotico sotto Teodorico e in seguito finisce in mano bizantina grazie alla conquista delle città umbre nel 538 da parte del grande generale Belisario, che, per la sua ingegnosità e per il suo genio tattico, è stato paragonato a Giulio Cesare. (Reader’s Digest (1993) (selezione dal) Dopo Gesù: il trionfo del cristianesimo)
Intanto i due sposini confabulavano: “Questo è proprio il momento di tornare a casa, si è fatto tardi, non vorremmo beccarci il ritorno dei Goti in città!”; li avevamo avvertiti che sarebbe stato meglio incamminarsi prima della sopraggiunta dei barbari. Fanno appena in tempo ad allontanarsi prima dell’inizio dei trambusti per la ritirata dell’esercito di Sisifrido, comandante della guarnigione bizantina di Assisi. Il suo esercito ha tentato inutilmente di resistere all’avanzata di Totila, e lui muore insieme alla maggior parte dei suoi mentre la città si arrende ai Goti nell’anno 545.
Riconquistata dai Bizantini pochi anni dopo, passa sotto il dominio longobardo nel 568 ed è annessa al ducato di Spoleto, condividendone le sorti fino all’inizio del XII secolo.
Ci siamo dilungati nel seguire i movimenti dei due giovani e nel frattempo anche l’altro gruppo di turisti si è incamminato per la propria visita; sono tre ragazzi in vacanza estiva e ci siamo permessi di consigliare loro un ottimo posto dove divertirsi e stamani si dirigeranno a Hispellum.
Quando i ragazzi arriveranno in città faremo parte della «pertica», cioè del territorio, soggetto alla colonia spellana. Questo è il periodo di massima estensione della giurisdizione di Hispellum la quale ha ottenuto terreni a spese dei vicini municipi. La zona di sua pertinenza confina: a nord-ovest col territorio del municipio di Assisi e a nord-est si estende appunto verso il Monte Subasio. I vari «vici», cioè le case coloniche che punteggiano la campagna, comunicano con la città mediante un dedalo di viuzze, i «rigores» della centuriazione.
Con la politica di assegnazione di terreni a veterani di guerra la nostra zona è ora di appartenenza, proprio, di un centurione reduce dalle guerre puniche (plausibile ma solo frutto della mia immaginazione). Infatti, Hispellum, più volte citata dalle fonti letterarie, è ricordata da Silio Italico («De bello punico», IV, 187) assieme alle città che avevano inviato soldati nell’esercito romano contro Cartagine, nella seconda guerra punica (218-201 a.C.). (Brozzi, Mario (1992) Guida di Spello romana)
La deduzione della colonia spellana è da porsi solo in età imperiale, ed in particolare dopo la guerra di Perugia per la successione di Cesare tra gli anni 41-40 a.C., guerra in cui la comunità locale si schiera con Ottaviano, futuro Augusto, contro Marco Antonio. La riconoscenza del nuovo imperatore non si fa attendere, e Hispellum merita addirittura l’appellativo di «Iulia» in memoria appunto di Caio Giulio Cesare.
I ragazzi arrivano proprio durante il periodo della dominazione di Augusto quando la città sta acquistando notevole importanza, arricchendosi di splendidi monumenti. Ottiene, come proprietà extra-territoriale, il territorio dei Bagni del Clitunno (come ci ricorda Plinio il Giovane); la sua pertinenza non si estende, infatti, ininterrottamente sino al Clitunno ma si arresta sulla Via Flaminia. Dall’altro versante, la colonia spellana ottiene, presumibilmente dallo stesso Augusto e per eguali ragioni, un’altra proprietà extra-territoriale nella zona perugina, come indica il cippo di confine ritrovato nei pressi di Civitella d’Arna, località a nord-est di Perugia.
I nostri tre ospiti, arrivati in località Collepino, stanno, come da me consigliato, seguendo il percorso del condotto idrico che porta l’acqua del monte fino dentro l’urbe, per loro un ottimo punto di riferimento per arrivare il città.
L’acquedotto costituisce un terrazzamento artificiale che sinuosamente attraversa un paesaggio di grande fascino costituito da fondi coltivati ad uliveti. Partendo dalle sorgenti di Fonte Canale, lungo il versante del Monte Subasio, nella prima parte è completamente scolpito nella roccia e conduce progressivamente l’acqua, grazie ad una leggera pendenza, verso il centro antico, all’interno di una canaletta costruita con lastre di pietra calcarea, a sezione rettangolare, coperta con una volta a botte in opera cementizia e con due bauletti ai lati della base, scavando le curve e i salti del terreno con arconi…(G.Bonamente, F.Coarelli (1996) (a cura di) Assisi e gli umbri nell’antichità)
A circa metà percorso i nostri ospiti già iniziano a scorgere in lontananza la città e, man mano che si avvicinano, le mura che circondano per intero l’abitato diventano sempre più imponenti, ma quello che potranno trovare valicandole non è sicuramente da meno.
Arroccata su una collina rocciosa Hispellum domina, infatti, la fertile vallata attorniata dai monti che, insieme all’ottima rete stradale, la fa divenire una delle città commerciali di riferimento della zona. La campagna ricca di vigneti, la montagna di oliveti, gli allevamenti di bestiame e le cave di pietra bianca e rossa del Subasio, permettono uno scambio di materie prime e di prodotti artigianali e industriali in tutta la colonia e nei municipi confinanti.
Al loro ingresso dall’Arco di Augusto, la porta d’ingresso principale, i ragazzi vedono la città prendere vita con i sui innumerevoli negozi e botteghe: le «tabernae», disposti lungo le scoscese vie del centro. Alcuni negozianti hanno già iniziato a fare affari, altri stanno finendo di esporre i loro prodotti, altri ancora stanno smontando le ante in legno che proteggono l’ingresso del loro esercizio commerciale.
Il colpo d’occhio è sorprendente. Ogni cinque metri cambiano gli oggetti esposti, e anche i colori delle tabernae, a seconda delle mercanzie. Dagli oggetti appesi che incorniciano la facciata…si intuisce quale attività viene esercitata…
Per primo c’è il venditore di lupini (lupinarius), poi un artigiano del bronzo con il suo laboratorio (aerarius), seguono un pasticcere (dulciarius), un mercante di tessuti capace di confezionare tuniche (vestiarius), l’entrata di un piccolo luogo di culto interno al palazzo dedicato a Iside, un fioraio specializzato in corone funerarie (corinarius), un fabbricatore di specchi (specularium), un fruttivendolo (pomarius), un calzolaio per signore (baxearius), un mercante di pelle (margaritarius) con accanto la bottega del fratello specializzato nella lavorazione delle zanne di avorio provenienti dalla lontana Africa (eborarius)… l’immancabile «bar» (popina) dove molti stanno consumando una frugale prima colazione. (Angela, Alberto (2007) Una giornata nell’antica Roma)
Quasi tutti i negozi hanno un soppalco di pochi metri quadrati proprio sopra la testa dei clienti, raggiungibile tramite una scaletta in legno dal fondo del locale principale. Lì abita il bottegaio che spesso non è il proprietario ma paga l’affitto e utilizza il piccolo guadagno del commercio per mantenere la precaria e traballante esistenza della sua famiglia.
Si avventurano in un minuscolo quartiere in cui vive una piccola ma fiorente comunità orientale. Da ogni bottega e magazzino si sprigionano i profumi del Mediterraneo. Là sono stipati incenso, spezie e legni rari e profumati. Gli odori del cedro appena tagliato e del pepe in polvere che arrivano dall’Oriente si uniscono a quelli dell’incenso egiziano e delle arance spagnole.
La bottega di Zabbai, un mercante dell’Arabia Felix, situata sotto gli archi di un portico ombroso, è aperta. Zabbai commercia nella merce più preziosa del mondo: la seta. (Maddox Roberts, John (1994) S.P.Q.R.)
I tre ragazzi escono soddisfatti con i loro pacchetti appena acquistati e raggiungono ben presto il foro di «Hispellum». E’ la piazza principale della città e notano un continuo via vai di persone; è il luogo dove si fissano i tassi di scambio quindi ci sono banchieri e cambiavalute, troveranno molti neo papà perché è qui che si registrano i nuovi nati, c’è la sede del tribunale e vedranno molti avvocati con i loro clienti entrare e uscire dalla «basilica» dove si amministra la legge.
Una colonia così importante è l’ideale per dei giovani che vogliono trascorrere una giornata divertente. Nella parte bassa del colle ci sono sia il teatro che l’anfiteatro e in questo periodo si festeggia una nuova annessione di territori alla colonia con spettacoli tutto il giorno. Spesso però questi spettacoli sono un po’ delicati per la sensibilità del ventunesimo secolo, con esecuzioni e giochi cruenti tra animali feroci e uomini, in una bolgia infernale di persone che urlano e schiamazzano.
I turisti hanno un’idea migliore, quando mia moglie non sentiva ho consigliato loro un lupanare di proprietà niente di meno che della «gens Alfia»: la famiglia più in vista del luogo. Si sostiene che ce ne siano di migliori solo a Roma; naturalmente lo so solo per sentito dire e non per conoscenza diretta. Ci mancherebbe altro!
E’ facile individuarlo tra gli altri negozi perché all’esterno del locale sono posizionate due lucerne a più becchi che fungono a mo’ di faro per attirare le falene notturne. I ragazzi sono titubanti e non sanno se entrare. Aspettano che un cliente esca e scosti la tenda di ingresso per vedere di cosa si tratta. Scorgono uno stretto corridoio illuminato da altre lucerne poste sul soffitto e tante porticine chiuse da tende: i «cubicoli» dove si consuma la prestazione. Sopra la stanza c’è dipinta un’immagine che illustra i servigi di cui si può godere all’interno. C’è poca luce, odore di chiuso, ma quello che rende le cose più imbarazzanti sono i rumori. Ogni stanza e schermata da una tenda. Protegge da sguardi indiscreti, certo, ma non serve a niente per i rumori. Si odono i respiri affannosi, a volte veri rantoli ritmati, dei clienti, accompagnati da finti lamenti delle prostitute. (Angela, Alberto (2010) Impero)
Dalla porta principale c’è un via vai di uomini che, appena terminato, si incamminano soddisfatti verso il resto della loro giornata e di altri che entrano per il loro turno. Escono spesso donne per proporsi agli avventori di passaggio o solo per mostrare la merce che si commercia in quel luogo. Indossano vestiti leggeri che meglio si adattano alla loro mansione, i capelli sono spesso tinti di colori insoliti come l’azzurro o l’arancione. I giovani notano altre differenze rispetto al mondo moderno riguardo la bellezza femminile. La ragazza che sta venendo incontro a loro ha una corporatura giunonica, con i fianchi larghi, la pancia prominente e il seno piccolo, la rotondità era ben gradita perché era sinonimo di fertilità.
“Ehi? Vi interessa «fotuere». Io sono una «mulier equitans» e costo poco!”. Ai nostri, però, non piace la signora e il contesto che la circonda e con una scusa si allontanano, incamminandosi imbarazzati per la strada del ritorno.
Hispellum gode a lungo di tangibili favori dalla munificenza imperiale, primeggiando anche sotto gli imperatori Adriano (dopo il 126 d.C.) e Gordiano III (239 d.C.), fino ad arrivare a Costantino che addirittura ritiene opportuno emanare il Rescritto: un editto in favore del popoloso centro designandolo tra le altre cose come riferimento religioso dell’Umbria.
Nel documento, databile tra il 333 e il 337 d.C. , l’imperatore, su richiesta degli abitanti della città, concede alla popolazione umbra di potersi riunire, per celebrare ludi scenici e gladiatori, non più a Volsinii, insieme con le popolazioni etrusche, ma presso Spello, cui viene attribuito l’appellativo di Flavia Constans…(G.Bonamente, F.Coarelli (1996) (a cura di) Assisi e gli umbri nell’antichità)
Riguardo agli aspetti legati al culto, fino a tale Rescritto di Costantino, quindi ancora fino alla metà del IV secolo, perdura il paganesimo ed è qui piuttosto prosperante nonostante i molti tentativi di diffondere la fede cristiana. Ci prova prima S. Brizio da Spoleto con la sua predicazione nell’anno 98; poi Costanzo da Perugia, verso il 170; e S. Feliciano vescovo che nel 240 evangelizza alla fede cristiana un consistente nucleo di cittadini qui e ad Assisi subendo purtroppo il martirio poco tempo dopo.
Solamente col V secolo la fede cristiana comincia a prevalere nella città spellana, che diventa sede vescovile. La tradizione vuole che il primo vescovo della città sia S. Felice Martire; la sede vescovile dura sino al 1130 anno dell’assassinio di Nicolò III. Papa Innocenzo III, dopo questo luttuoso episodio, elimina l’episcopato e pone Spello sotto la cura del vescovo di Spoleto.
La città con il crollo della potenza romana segue le sorti comuni a quasi tutta la Penisola e deve pur essa subire le incursioni dei popoli germanici e le disastrose conseguenze di lunghi anni di cruente lotte. Racchiusa tra le sue vetuste mura vede a poco a poco i suoi più bei monumenti, splendore di un tempo ormai lontano, cedere all’occupazione della città da parte di Attila nel 450, l’invasione di Totila nel 546 e la distruzione dell’urbe ad opera dei Longobardi nel 571, e finisce per essere un piccolo possedimento dell’imponente Ducato longobardo di Spoleto, insieme al ben più piccolo borgo di «Armenzanum».
Vediamo in lontananza i nostri ospiti tornare verso casa nostra per trascorrere la notte, ma cosa troveranno di diverso al loro ritorno?
Intanto al castelliere si è sostituito un villaggio con una torre centrale di avvistamento che fa da punto di riferimento per altre torrette disposte in maniera strategica nel contado. Da lì si riesce a comunicare fino alla pianura, avvistare possibili nemici, fungere da punto di rifornimento per missioni civili o militari.
Importanti sono i ritrovamenti dell’illustre passato fatti nel secolo scorso: un tesoretto di monete di età romana repubblicana da Armenzano di Assisi (Società numismatica italiana (1998) Rivista italiana di numismatica e scienze affini, Volume 99-100), …ripostigli di Armenzano (Assisi) …numerose monete imperiali …coprono un arco cronologico molto ampio (Istituto italiano di numismatica (2004) Rivista italiana di numismatica e scienze affini, Volume 49).
Ciò sta a testimoniare che nel periodo romano frequenti sono gli scambi commerciali tra il nostro borgo e le vicine città. Con buona probabilità Armenzanum vende materie prime, come prodotti agricoli o bestiame, e acquista semilavorati e manufatti, preparandosi a diventare il castello che troveremo nel Medioevo.

Riguardo l'autore

Avatar for Emanuele Legumi

Ingegnere impegnato da anni nel campo dell’automazione industriale. Ama il suo lavoro ma al contempo è affascinato anche da: storia, tradizione e misteri della sua terra, l’Umbria. Collabora con alcune riviste e quotidiani e ha la profonda convinzione che il migliore investimento per il futuro sia la cultura, settore in cui l’Italia, per quanti sforzi possa fare, non sarà mai seconda a nessuno.

Puoi leggere anche:

Attualmente non sono disponibili articoli sullo stesso argomento.

Commenti

Non ci sono commenti per questo articolo.

Aggiungi un Commento

Obbligatorio

Will not be published. Obbligatorio

Opzionale