Turista ad Armenzano – 6. Io évo, tu évi, lu’ éva, …

Categorie: Armenzano

Assisi ed Armenano nel Novecento“Hai le camere, ad Armenzano? Chi arriva fin lì? E’ isolato da tutto!” fu la caustica sentenza di un conoscente nell’anno inaugurale della nostra attività ricettiva. In quell’occasione io, frastornato da cotanta frase, andai a scartabellare qualche libro che parlasse della vocazione economica del posto, per cercare qualche conforto. Leggiamo insieme ciò che ho trovato:

…il segno comunque più evidente del graduale e voluto abbandono è dato dalla completa mancanza di servizi commerciali e di qualsiasi attrezzatura per il tempo libero.
La realtà ambientale presente non si presta ad un’utilizzazione agricola in quanto nessuno dei fattori elencati è tale da consentire un futuro profitto con tale attività.
L’unica possibilità di utilizzare razionalmente le risorse presenti è ancora la pratica dell’allevamento pastorizio…ed è la pastorizia l’unico indirizzo economico a cui, i cinque fattori analizzati, rispondono positivamente.
In definitiva da quanto suggerito questo dovrebbe essere il nuovo ruolo del nucleo: pastorizia (ovini, bovini, suini), lavorazione di insaccati, produzione di lana semilavorata, lavorazione del latte e produzione di latticini e formaggi tipici.
Oltre a ciò la zona potrebbe offrire la possibilità di altre attività minori comunque altrettanto importanti; innanzitutto la sostituzione di alberi forestali con quelli da frutto come noccioli e mandorli, piante che si adattano ottimamente alle caratteristiche della zona ed inoltre forniscono un legname oggi molto pregiato… (Menichelli, Claudio (1979) Un centro storico minore Armenzano)

Nulla di fatto, di vocazione per le attività turistiche o agrituristiche niente di niente, ma magari è un’eccezione, consultiamo un altro testo:

…riassunti così i termini più significativi della situazione e viste le condizioni dell’ambiente, non sembra che il Monte Subasio possa offrire possibilità per alimentare correnti turistiche anche locali di dimensioni tali da creare una fonte di reddito autonomo.
La soluzione pertanto più idonea sembra sia quella di un paesaggio da non modificare con nessuna opera che ne alteri l’attuale funzione di immenso scenario alla città di Assisi ed al centro di Spello.
D’altro canto Assisi dispone già di una attrezzatura ricettiva consistente.
Si tratta come é facile desumere di un insieme ricettivo sufficiente ad assicurare ad Assisi il ruolo di centro turistico…
…poi, visto che non sembrava abbastanza, aggiunge che eventuali strutture avrebbero dovuto far fronte a notevoli problemi inerenti alla disponibilità di acqua, ai vincoli paesaggistici, alla rete viaria. (Battistella, Renzo (1967) Il Subasio: paesaggio, ambiente, economia)

Pensa un po’, tutti sostengono che leggere fa bene, ma in quel caso non fece sicuramente bene al morale. Poi i fatti hanno, in parte, confutato quell’idea negativa iniziale. Rimane pur sempre vero che la maggioranza dei turisti che frequenta la nostra zona sceglie alloggi vicino ad Assisi, ma alcuni esigono posti tranquilli e immersi nella natura come è appunto il nostro. Di recente ci è addirittura capitato che, proponendo un alloggio presso altre strutture a noi conosciute, magari perché la nostra era chiusa o con ospiti già prenotati, l’invito fosse cortesemente declinato. Questi sono i casi in cui avremmo voluto con noi al telefono quel nostro conoscente dalla lingua sciolta!

Mi piace sempre divagare, accantonando ancora una volta la mia avventura nella storia. Sono rimasto al momento in cui Armenzano inizia a far parte del Regno d’Italia. Eccomi di nuovo ad osservare la nostra laboriosa campagna. La Nazione è ora unita politicamente, ma sul fronte sociali poco mi sembra cambiato tra Papa e Re. Per Agostino, un mezzadro di un podere poco fuori del paese, sopra a tutto e tutti c’è sempre e comunque il padrone. Un padrone che prende due terzi dei prodotti della terra, mentre solo un terzo spetta a lui, e in più ci sono una serie di obblighi da rispettare:

andare a ritirare la posta, fare il bucato, spaccare la legna per il fabbisogno esclusivo della famiglia padronale, eseguire senza retribuzione alcune giornate straordinarie per lavori di sistemazione fondiaria, a fronte di una assoluta libertà di disdetta del padrone. Il seme, poi, di qualunque natura, era a carico completo del colono. L’uva andava due parti al mezzadro e tre al padrone, al quale spettava anche il diritto di scelta, le olive si dividevano al 5, ossia tre parti per il padrone e due per il colono. Al colono spettava pagare una terza o una quarta parte dell’imposta sul fondo, e doveva pagare il frutto dei denari che il padrone sborsava per l ’acquisto dei buoi necessari per il lavoro. Le spese di acquisto di qualunque attrezzo da lavoro e la manutenzione degli stessi era a totale carico del colono. (Bogliari, Francesco (1979) Il movimento contadino in Umbria dal 1900 al fascismo)

Poi c’erano le regalie, come quella di portare due paia di capponi per Natale, due paia di galline per Carnevale, quaranta uova per Pasqua, almeno due paia di pollastri in Agosto, uva fresca e secca, chi aveva animali da latte, in tempo di formaggio due volte la settimana la ricotta, l’erbetta di campo e chi aveva il permesso di coltivare l’orto, ogni settimana doveva portare gli ortaggi. (Piccolo, Cosimo (2007) La magia dell’aia: scene di vita contadina)

Per Agostino e per la quasi totalità dei cittadini di Armenzano nulla si è modificato nel passaggio al Regno Sabaudo; per la famiglia di lui, ma anche per molte altre come la sua, la vita è un continuo stato di soggezione, di fatica e di debiti, al punto che non ha cibo sufficiente neanche per i suoi bambini.

Le madri allattano i propri figli per 15-20 mesi, ma nelle campagne umbre la metà dei fanciulli muore prima dei 7 anni. La pellagra, assai diffusa in quegli anni in Umbria era una conseguenza diretta del mal vivere dei contadini. Tale malattia, definita malattia della povertà, infieriva laddove, insieme alle più disagiate condizioni economiche, le abitazioni erano in pessimo stato, dove la qualità dell’acqua era più scadente e la quantità più scarsa, dove insufficiente ed inadeguata era l’alimentazione. (Agostini, Cesare (1904) La pellagra nell’Umbria dal 1854 al 1904)

Giuseppe, uno dei suoi figli, è il terzo anno che frequenta la scuola. E’ un bambino portato per l’apprendimento e studiare gli piace, anche se sa che questo è l’ultimo anno per lui; per proseguire il ciclo di istruzione bisogna arrivare ad Assisi e la sua famiglia non ne ha le possibilità. Si ricorda la frase che pronuncia sempre il padrone: “Ai figli dei contadini non serve andare a scuola. Per far bene il lavoro dei campi non serve saper leggere e scrivere!”. Purtroppo anche i suoi genitori ritengono la scuola una perdita di tempo e lo stimolano a lasciar perdere la lettura e prediligere la zappa e la vanga: “La scuola non è affar per te ma solo per i figli dei padroni.” Al ragazzo non importa poi molto di come accadrà a finire, ha una corporatura robusta e la fatica non lo spaventa, vuole solo godersi a pieno quest’ultimo anno di «libertà».

Di solito il bambino quando si recava a scuola era munito di un quaderno a righe e uno a quadretti, una piccola asta di legno o canna in cui veniva infilato il pennino. Il tutto veniva messo in una borsetta di stoffa chiusa con bottoni che i maschietti portavano a tracolla e le bambine a mano. I più poveri chiudevano i libri, quando li avevano, il che era molto raro, con due tavolette (piatti) di legno legati con due cinghie. (Piccolo, Cosimo (2007) La magia dell’aia: scene di vita contadina)

A Giuseppe è andata bene perché può usare i libri di suo fratello maggiore, al contrario di altri suoi amici non ne hanno affatto. I banchi della sua scuola sono a quattro posti, ognuno muniti di foro come sede per il calamaio. Il bambino appena entrato si guarda un po’ in giro, poi avanza deciso verso il primo banco, proprio davanti alla cattedra della maestra, un posto all’apparenza non dei più invidiabili.

A quei tempi a scuola l’insegnante incuteva molto timore, e per mantenere l’ordine e farsi rispettare non si risparmiava di usare la bacchetta di legno, che faceva parte dell’arredo della cattedra. Chi si presentava a scuola in ritardo, sporco e in disordine, chi non faceva i compiti e scarabocchiava sui libri, sapeva cosa lo aspettava: bacchettate sulle mani. (Piccolo, Cosimo (2007) La magia dell’aia: scene di vita contadina)

E’ inverno, la neve ha imbiancato tutti i monti e l’aria è pungente, in aula è molto freddo e i bambini hanno le orecchie e le mani congelate. Giuseppe è invidioso della maestra che ha uno scaldino di creta colorato con un manico su cui si possono appoggiare le mani, la signora della casa in cui è collocata l’aula tutte le mattine glielo fa trovare pieno di bella brace. A lui è andata bene anche in questo frangente, perché stare al primo banco vuol dire agevolarsi, anche se in piccola misura, del calore proveniente da quel recipiente.

Il tempo passa e ormai siamo in pieno Novecento. Per me è un’ottima occasione per focalizzare l’attenzione sulla vita quotidiana di questa piccola comunità, con l’obbiettivo di scoprire le abitudini, gli usi e i costumi dei nostri bisnonni e trisavoli. E’ affascinante accorgersi delle enormi differenze con il mondo odierno, cogliendo i tanti cambiati avvenuti solo nell’ultimo secolo. In questa nuova esperienza mi potrò sentire come un esploratore che visita una comunità sconosciuta di qualche isolato sito africano. Enfatizzerò volutamente gli aspetti più particolare, e ce ne saranno alcuni che, con la mentalità moderna, potremmo definire addirittura bislacchi.

Cosa mi serve per iniziare l’ennesima avventura? Devo riuscire a farmi capire dai miei nuovi compaesani e devo capire loro. Mi è indispensabile imparare la loro lingua: il dialetto di Armenzano. Essendo una comunità isolata con una estrazione prettamente agricola, qui la lingua italiana ha difficoltà ad affermarsi e il gergo dialettale è sicuramente più radicato che altrove.

Il dialetto è la lingua del popolo, la lingua comune, quella che gli antichi greci chiamavano «koinè dialectos» e che agli albori della lingua italiana viene più semplicemente indicata col nome di volgare, dal latino «vulgus» che significa popolo. Dante Alighieri nel suo «De vulgari eloquentia» esalta la nobiltà e la forza descrittiva degli idiomi volgari della penisola:

…diciamo che per lingua volgare intendiamo quella cui i bambini vengono abituati da chi sta loro accanto quando per la prima volta cominciano ad articolare distintamente le parole. Ma è anche possibile definire più brevemente e affermare che la lingua volgare è quella che, senza bisogno di alcuna regola, si apprende imitando la nutrice. Abbiamo poi anche, oltre a questa, una seconda lingua che fu chiamata dai Romani «gramatica». Questa seconda lingua è posseduta anche dai Greci e da altri popoli, ma non da tutti. Poche sono d’altronde le persone che giungono alla padronanza di essa, perché non si apprendono le sue regole e non ci si istruisce in essa se non col tempo e con l’assiduità dello studio.
La più nobile di queste due lingue è il volgare, sia perché fu la prima a essere usata dal genere umano, sia perché tutto il mondo ne fruisce (pur nelle diversità di pronuncia e di vocabolario che la dividono), sia perché ci è naturale, mentre l’altra è piuttosto artificiale. (Alighieri, Dante (1986) Opere minori di Dante Alighieri, vol. II)

Vediamo allora parte dei termini che compongono la «nobile» lingua di Armenzano e dei territorio montano del comune di Assisi di inizio secolo: (i termini sono estrapolati da quelli presenti nel testo: Falcinelli, Vittorio (1972) Per ville e castelli di Assisi)

Nomi riferiti al corpo umano:

anobuco del culo
ascellasottobraccio
braccia-obraccio-cee
capellicapije
cervellocerviello
cuorecòre
dentediente, dienti(pl.)
dente molarediente macellaro
ditodéto, déta
fegatofédeco
gengivagingìa
gelonegilune
ginocchioginocchie
gomitogòto
intestinobudelle
lingualéngua
mano-ile mane
mascellaganassa
mentobarba
muco del nasomoccio
occhio-ij occhie
orecchiorécchia
panciatrippa
piedepieda (pl.)
pollicedéto grosso
pugnocazzòtto
schiumaschiuma, bava
sedere (nome)culo
solletico(grìccie) rùsteco
spina dorsalefilo de la schina
stomacostomco
unghiaugno
voceboce
vogliavoja

 

Nomi di persona:

AmaliaMalia
Andrea‘ndrea
AngeloAngelino
AnnaAnnetta
Antonio‘ntogno
ArmandoArmando e Mandino
AusiliaCilla
BiagioBiacio
FrancescoChecco
DomenicoMenco
GiovanniGiuanne e Nino
GiulioGiujo
GiuseppePeppe,Peppone,Peppino,Peppetta
LuigiGigi, Gigetto
MarzioMarzino
RosaRosa e Rosina
SanteSantino

Parole riferite ai mestieri:

becchinobeccamorto
chirurgoprofessore
cuocerecòcere, tu còci, no’ còcémo
fornaiofornaro
guerciocieco
medicodottore
mugnaiomulinaio
ostetricamammana
pollaiopollaro
rammendarearconcià
scuolascòla
seppelliresotterrare
tagliare il boscotaja ‘l bosco
tingeretigne’: io tégno, no’ tégnomo, lore tegnémo

 

Malattie:

appendicitependicite
indigestioneimbarazzo
orecchioniricchiune
paralisiparadese o paralese
reumatismorumatismo o romatisico
tossetòssa
tossiretossi’: tòssóno, tossènno
ulceralucciola

 

Termini riferiti a persone:

a me, a teta me, ta te
abortire involontariamentesconta’ male/aburti’
abortire volontariamentebutta’ giù (aburti’)
amici mieiamice mia
ammogliarsiammojasse, pija’ moje
avaroarsìnneco
bigottobizzòco
compagnocompagno, compagne(pl.)
credulonecredenzone
donna immoraledonnaccia e mignotta
donna incintagravda
essi, lorolòre
fanciullo fino ad anni 13fijo, muie (pl.)
famigliafamija
femminafemmina
fidanzato e fidanzataragazzo e ragazza
figlia e figliofija, fijo
fratelli e sorelle mieifratelli e sorelle mia
generofijastro
lui, leilu’, lia
maritarsipija’ marito
nessunonissuno
noi, a noin’, ta no’
nonno, nonnababbino, nonno;mammina, nonna
nuorafijastra
adolescenteragazzo
papàpapà e babbo
papà mio, tuo, suopapà mia, tua, sua
parte che subisce l’adulteriocornuto
partorireparturi’
signoresor
signorinaragazza
suocero-asòceri, patrégno, matrégna
turba, follastormo
voi, a voivo’, ta vu’

 

Parole riferiti a indumenti:

blusettapolacca
calze per bambinicalzettini, calzette
calze per uomopedalini
calzonii calzone
copripiedi da lettoguancialone
cuscinoguanciale
fazzoletto nasofazzolettino
fazzoletto testafazzoletto
federafodretta
giaccacorpetto
giletsottocorpetto
gonnavesta
lenzuolalenzòle
mantellomantella
mutandemutanne
soprabitospolverìno
sottabitosottabbto
zoccoliciocchi
tascasaccoccia

 

Parole che indicano il tempo:

anno scorsoanno
avanti ieril’altro iere (o pussiere)
di sera (notte)bujo o scuro
domani seradomanassera
dopodomanidoppodomane
è tardiè tarde
gennaiogennaro
l’anno venturo‘n altranno
lunedìluneddì
martedìmarteddì
mercoledìmercoldì
giovedìgioveddì
venerdìvenardì
sabatosabbeto
domenicadomenneca
oggi, stamattinavuogge, stamatina
quandoquanno
quest’annostanno
settimanasittimana

 

Condizioni meteo:

grandinaregranuschia’
luna pienapien de luna
nevicarenénguere: nengue, nengueva
tempotiempo
tuonotrono, trona’
ventoviento

 

Per indicare un luogo:

davantidavante o dinanze
destromandritto
dietrodrieto
fuorifòra
in nessun postovèlle
luogològo, puosto
sinistromancino
solatioassolativo, a man de sole

 

Parole riferiti al lavoro della campagna:

barcone di granobarcone o metone
brigliabreja
capezzacavezza
capitagnacapezzagna
carratura del granoarduna’ ‘l grano o ardunatura
carriolacarretta e cariola
carriolocariolo
cimale della botteboccaio
colonninapuntone
falcele falce, falcetta
ferrofierro
forbiceforbece
lettiera per le bestiepajaccio
mungeremugne’; mugnémo, mùgnono
ortoi orte, uorto
pagliapaja
piccolo pagliaio di pula e pagliuzzepulajolo
porcilaiastalle (o boxe) del majale
prace di terrapracione
rastrello con pighi di ferrorastellone
rastrello piccolorastelletto
ruotaròta
sellasella o bardella
sterco e paglia di buemerdaccio
strigliarestreja’
telaiotelaro
torchiotorchio o stregnitoio
truogolotrocco e bregno
vendemmiavendegna e vendemmia
vomeregumèra

 

Oggetti che si trovano in casa:

aiola del focolareajola
agoaco
armadiocredenzone o credenza (da cucina)
bacile manibacile o concarella
baulebaùlle
bombonierabomboliera
bucatobucata
cassettonecanterano
camera da lettostanzia
cenerecegnere
coltellocurtiello
cullacuna
fiammiferofulminante
fuocofòco
grembiulezinale
lanternalanterna
lanternonelinterna
lettoliétto
madiamattra
mastellomastella
mestoloramajolo
orologiorologio
paiolocallaio
pavimentopiangito
piatto cupo pianopiatto da maccarone
piatto grandepiatto da maccarone
porta di casaporta
radioaradio
recipiente per alimenti liquiditarina
salvadanaio‘ntanajola
sciacquaioversatojo
seggiolone pei bambinisedione
soffittasuffitta o solaio
specchiospiecchio
specchio con cassettotoletta
tavolotavla
tegame per minestrapignatta
tegame per sugostufarola
tovagliolosalvietta
tubo per soffiare sul fuoco da arderesoffietto
vaso da notteurinale

 

Altre termini legate alla vita quotidiana:

addio!arivedecce!
aeroplanorioplano
alto prezzocosta troppo
arroganzaghigna
autocarrocambio
automobileotomobble
avvelenatoattoscato
colore-ii colore
corriera, pulmanpostale
cuoiocòio
diecidiece
meglio, i migliorimejo, i mejo
mielemèle
mollicamujca
mortadellamorcatella
negoziobottega
non vale niente!nun vale ‘n bòcco
olioojo
ombramurigge
pergolapergla
pluvialepreviale
prosciuttopreciutto
rossorosso
ubriacaturasborgna, ciucca
sentierostradéllo
soldisolde
trottolabiribisse
un bel po’, moltobompo’
vetrovietro
visita di condoglianzefare coraggio

 

Soggetti legati al mondo religione:

angeloangilo; j angie
cimiterocimitero, camposanto
comunionecom(u)nione
cresimacres(i)ma
epifaniaBefanìa
diavolodiavolo, diàvie (pl.)
matrimoniosposalizio
monaca-chemoneche, mònneche
non bestemmiarenun bastigna’
parrocoprete o paroco
processioneprucissione
quaresimaquaresema
scuola di catechesiduttrina
tomba in terrabuca sottoterra
tomba colombarocolombaro
veste nera del pretevesta nera
fare il funeralefare l’accompagno

 

Parole riferite ad animali:

ala-ilala, le lale(pl.)
agnellopècure, agnèje e pequrèje(pl.)
anitraannetra
bue, buoibòve, i bòva
chioccia che non cova piùscovata
conigliocunello, cunijo
corno-ii corne
gallinagajne (pl.)
gallina che non produce uovasfetata
intestini del pollorigaje
lombricobisciolone
lucciolaluccela
merlo e merlamierlo
moscerinomoscjelino
pipistrellonuottela
pollipuje
poppapoccìa
pulcinopulcinello
ramarroracanaccio
rospociambotta
sanguinacciosanguenaccio
sanguisugamignatta
scornata di buescornata
tacchinobillo o bricco
tafanomoscone
talpasorcione
topo di casasorce
vermevèrmene
verso del vitello o vaccamuja’
volpegolpe

 

Termini riferiti alla natura:

aglioajo
albicoccobricocco
alloro‘nnavro
assenziolo scènzo
barbabietolabietla
broccolobrocquolo
castagne secchemosciarelle
cerasa, ciliegiocerasa
fagioliàcene
fiammatafiarata
fiorei fiore
ghiaccio, ghiacciologelato, candéle
ghiandajanna
gramignagramaccìa
malvamalma
nidocova
patatebocce e patate
peperonepeperune
pesco e péscapèrsico
pignapignètta
pratoprato e sodo
prezzemoloerbetta
pungitopopiccasorce
querciacerqua
radiceréca, réche
raparape
rosmarinotres(i)marino
semolasémbla
spicchiopacchetta (o sbecca d’ajo)
spina vegetale (rovo, cardo, ecc.)picchi
sterpistrippe
trifogliotrafojo
uovoovo
uvaua
valangalama
zuccaciucca

 

Verbi:

aggiungereaggiùgnere: io aggiugnerìo
andaregire via; io ce giétte, tu giste, loro gíerrono
andare di corpofare un bisogno
bruciarebruciare: no’ brugiàmo, lore brùciono; bruciare: io bru(s)cio, no’ bru(s)ciamo
capirecapire, no’ capiscemo
cavare, toglierecaccia’
crederecredere, no’ credémo, io credirìo, crèso
diretu dichi, no’ dicémo, vo’ dicéte, lore dicènno
dormireno’ dormìmo, io dormirìa, lore dormir(e)bbero, lore dormerono
egli venne da melu vinne da me
senti freddo o caldo?sente freddo o callo?
inventare’nventa’
moriremuri’, io mòrgo, tu mòrghi, vo’ moréte, lore mòrono
nasconderenasconde’, ‘ntanasse; io nasconno, lore nascònnono
pagarepaghènno, paga’
partiregire: no’ gimo, io givo
piangerepiagne’, lore piàgnono
poterepote’
ricordarearcordà
rispondererisponne’; no’ risponnémo
scrivendoscrivenno
strillarefare strisi
stringerestrégnere: no’ stregnimo
teneretene’, tu tenghi, no’ tenemo
ungereògnere
viverecampa’, lore camp(o)no
vivere a lungoanticare
volereno’ voliamo o volémo

 

Coniugazioni:

avere
indic. presenteno’ avémo, lore hònno / nualtre c’hémo, vualtre c’aéte, lore c’honno
imperfettoio évo, tu évi, lu’ éva, no’ aviamo, vo’ aviate, lore év(o)no
essere
indic. presenteno’ sémo, vo’ séte, lore sònno
imperfettono’ eriamo, vo’ eriàte, lore èr(o)no
passato remotoio fu’, tu fuste, lu’ fu, no’ fummo, vo’ fuste, lore fur(o)no
congiuntivoche io fusse, tu fusse, lu’ fusse, no’ fùssimo, vo’ fuste, lore fùssero
passare (o altro verbo in-are)
indic. presenteno’ passàmo, lore pàssono
passato remotoio passètte, tu passaste, lu’ passo’, no’ passàssemo, vo’ passàssevo, lore passorro
vedere (o altro verbo in-ere)
indic. presenteio vegghi, no’ vidimo, lore véggheno
passato remotoio vidìo, tu vidìe, lu’vidìa, no’ vidiàmo, vo’ vidiate, lore vidìeno

 

Riguardo l'autore

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Ingegnere impegnato da anni nel campo dell’automazione industriale. Ama il suo lavoro ma al contempo è affascinato anche da: storia, tradizione e misteri della sua terra, l’Umbria. Collabora con alcune riviste e quotidiani e ha la profonda convinzione che il migliore investimento per il futuro sia la cultura, settore in cui l’Italia, per quanti sforzi possa fare, non sarà mai seconda a nessuno.

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