Beato Giovanni da Nottiano

Categorie: Armenzano, Assisi

I grandi autori ci raccontano la storia di un “Semplice” contadino e del suo bue.

San Francesco al lavoro dei campi - olio di T.ChartrandL’Umbria è una terra così carica di tradizione che potenzialmente ogni piccolo sasso è in grado di raccontarci una storia. Un borgo ormai quasi disabitato e la sua piccola chiesa, attraverso la voce di illustri redattori, ci parlano di un giorno ordinario che cambiò la vita di Giovanni, un contadino di montagna che stava arando il suo campo nei pressi di una fortificazione alle pendici del Monte Subasio chiamata Rocca Paida, dove soleva recarsi spesso San Francesco.

Dalle carceri in due ore si giunge al Mortaro. Da qui il sentiero, che i secoli hanno lasciato intatto, conduceva direttamente alla Rocca seguendo il corso del torrente che, per formarsi dietro la cima, si chiamava, e si chiama ancora, il Vettoio. Il Santo ritornava con amore al suo monte prediletto. Veniva già lentamente nella grande calma dei primi giorni di autunno. La Selva di paida si ornava per lui di bacche purpuree che splendevano in mezzo al cupo fogliame. Poi seguivano i giorni di pioggia. L’acqua veniva giù a distesa malinconicamente a lavare la cima e le valli. Il Vettoio correva impetuoso in fondo alla gola. Il Santo era solito, prima di salire alla Rocca di fermarsi in una caverna posta a lato del torrente, in fondo alla vallata Pensava al volgere delle stagioni, alla morte, all’infinita misericordia di Dio.
Spesso così lo sorprendeva la notte che scendeva a oscurare l’aspra gola deserta, dalla quale si levava la grande voce dell’acqua scrosciante.(1)

Ognuno ricorderà con quanto zelo San Francesco avesse restaurato parecchie chiese; ma le sue cure non si erano fermate qui: a lui pareva quasi una profanazione la negligenza con la quale la maggior parte di esse erano tenute; il sudiciume degli oggetti sacri, mal dissimulato dall’orpello  gli cagionava tristezza, e gli accadeva spesso, quando andava a predicare qua e là, di riunire segretamente i preti del luogo, per scongiurarli a vigilare sulla decenza del culto; ma non contentandosi neanche in ciò delle sole parole, legando insieme in un mazzo alcune ginestre, ne faceva granate per spazzare le chiese.
Una volta, proprio nella chiesa di Nottiano, nei dintorni d’Assisi, attendeva a questo lavoro, quando sopraggiunse un contadino che aveva lasciato l’aratro e i bovi in mezzo al campo per venirlo a vedere: “Frate, disse entrando, fammi la granata, che voglio aiutarti”, e spazzò il resto della chiesa.
Quando ebbe finito: “Frate, disse a Francesco, da gran tempo io avrei voluto servire Iddio, specialmente dacché ho inteso parlare di te, ma non sapevo come fare per venirti a trovare; ora piacque a Dio che noi ci incontrassimo, e da oggi in poi farò tutto quello che ti piacerà d’ordinarmi”.
Francesco, vedendo tanto fervore, ne provò molta gioia, e gli sembrò che, con la sua semplicità e con la sua purezza, quello diventerebbe un buon religioso.(2)

La chiesetta dove Francesco e Giovanni da Nottiano si incontrarono

La chiesetta dove Francesco e Giovanni si incontrarono

 “Se vuoi, fratello, diventare nostro compagno, dà ai poveri ciò che possiedi e ti accoglierò dopo che ti sarai espropriato di tutto”. Immediatamente scioglie i buoi e ne offre uno a Francesco. “Questo bue” – dice – “diamolo ai poveri! Perché questa è la parte che ho diritto di ricevere dai beni di mio padre”. Il Santo sorrise e approvò la sua grande semplicità.
Appena i genitori e i fratelli più piccoli seppero la cosa, accorsero in lacrime, addolorati più di rimanere privi del bue che del congiunto. “Coraggio!” – rispose loro il Santo – “ecco, vi restituisco il bue e mi prendo il frate”.(3)

Non dovevano essi rammaricarsi che il loro figlio volesse servire a Dio, poiché ciò, anche secondo il pensiero del mondo, sarebbe tornato a loro vantaggio ed onore. E d’altronde la famiglia non sarebbe diminuita, perché tutti i frati sarebbero stati da allora loro figli e fratelli. Non era consentito distogliere la creatura dal servire al suo Creatore. Appariva tuttavia giusto che, dovendo il bove essere donato ai poveri, secondo gli insegnamenti del Vangelo, nessuno appariva più povero e più misero di loro e quindi il bove veniva ad essi restituito.
Tutti allora si rallegrarono, e Francesco partì con il nuovo compagno alla volta di Assisi, giù per la strada che anche oggi scende tra la rovina delle frane rugginose, dominata dalle acute strida delle aquile e degli sparvieri.(4)

E di semplicità (Giovanni) doveva averne fin troppa perché, dopo essere stato accolto nell’Ordine  si credette obbligato ad imitare il maestro perfino nei gesti, e quando quello tossiva, sputava o sospirava, egli pure faceva altrettanto. Alla fine Francesco se ne accorse e lo ammonì dolcemente. Poi diventò così perfetto, che gli altri frati lo ammiravano molto, e dopo la sua morte, che avvenne poco appresso, san Francesco si compiaceva nel raccontarne la conversione, chiamandolo sempre non già Frate Giovanni, ma Frate San Giovanni.(2)

In quel giorno sereno d’inizio novembre, quel contadino interruppe la semina nel suo campo per seguire una nuova vita, divenendo il Beato Giovanni da Nottiano detto il Semplice, uno dei primi membri del nuovo Ordine Francescano insieme con: Silvestro, Rufino di Scipione, Leonardo, Leone, Ginepro, Giacomo, Teobaldo, Agostino, Masseo da Malazzone. Proprio come San Francesco desiderava seguire alla lettera i dettami del Vangelo, così Giovanni seguiva in tutto e per tutto la perfezione dell’operato del suo maestro, dalle cose più importanti a quelle più ordinarie, fino a quando arrivò il momento per lui di imitare qualcun’Altro nell’aldilà.

Tomba dei primi compagni di San Francesco

Tomba dei primi compagni di San Francesco

Negli scorsi mesi, in occasione il 200-esimo Capitolo generale dell’Ordine dei frati minori conventuali, sono finiti i lavori di riesumazione e ricognizione dei resti dei primi compagni di Francesco conservati nella Basilica di Assisi dedicata al Santo. La loro ultima dimora, compreso l’affresco di Pietro Lorenzetti che la sovrasta, è stata ripulita e restaurata dall’equipe del prof. Sergio Fusetti. Di Giovanni, invece, è rimasto solo il luogo del suo speciale incontro con Francesco. La chiesa ha superato indenne i secoli ed è tornata al suo aspetto originario grazie al lungimirante intervento fatto negli anni ’50 dall’uomo politico e storiografo francescano Arnaldo Fortini. Il borgo d’origine del Beato è attualmente disabitato, frequentato, solo nei mesi estivi, da un gruppo di preghiera e dalla coriacea signora Maria Pia di Milano con la sua famiglia. Le vicende di questo fraticello del XIII secolo, così ben raccontate dai più noti studiosi di francescanesimo di ogni epoca, oggi sono purtroppo poco conosciute, la sua memoria è tenuta in vita solo grazie agli abitanti di Armenzano, paese nei pressi del borgo di Nottiano, i quali ogni anno nel mese di Luglio ricordano il concittadino, perpetrando la simbolica donazione del bue così come avvenne quel giorno ordinario diventato per tutti loro unico.

(1) Arnaldo Fortini, Nova vita di San Francesco
(2) Paul Sabatier, Vita di S.Francesco d’Assisi
(3) fra Tommaso da Celano, Vita di S. Francesco e trattato dei miracoli
(4) Arnaldo Fortini, 24 giugno 1957: inaugurazione della restaurata chiesa di Nottiano

pubblicato su: Terrenostre (Marzo 2013)

Per noi che abitiamo ad Assisi il nome Francesco evoca sentimenti forti.
Un sincero augurio al neoeletto Papa di riuscire, come il Beato Giovanni, ad imitare il suo illustre Ispiratore, in un periodo in cui il mondo intero ha bisogno di tanta, tanta SEMPLICITÀ.

Riguardo l'autore

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Ingegnere impegnato da anni nel campo dell’automazione industriale. Ama il suo lavoro ma al contempo è affascinato anche da: storia, tradizione e misteri della sua terra, l’Umbria. Collabora con alcune riviste e quotidiani e ha la profonda convinzione che il migliore investimento per il futuro sia la cultura, settore in cui l’Italia, per quanti sforzi possa fare, non sarà mai seconda a nessuno.

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