Uno degli ultimo baluardi del feudalesimo in epoca comunale
Mai sentito parlare di Armenzano? E’ una piccola frazione collinare di Assisi nota soprattutto per il tradizionale presepe vivente del periodo natalizio e come meta per escursioni in mountain bike o a piedi lungo i sentieri del Parco del Monte Subasio. Pochi conoscono, invece, il passato di questo medievale castello di poggio di importanza strategica, terreno di continue contese tra Spello e Assisi, nonché ultimo baluardo del feudalesimo in epoca comunale.
In un arbitrato tra le fazioni, già nel 1203, si attesta l’esistenza di un Comune nella città di Assisi capace di eseguire molte attività: assegnare terreni e case, costruirne di nuove, sequestrare proprietà dei traditori della causa comune, imporre multe, intentare processi contro i forestieri. L’organizzazione sociale che vige nel centro si differenzia però dal potere signorile che domina la zona rurale circostante. Esiste una forte contrapposizione tra la città e il contado che, rimasto feudale, ha regole ancora fondate su “omaggio e servitù” al regnante locale. Nei territori fuori delle mura, infatti, le aspirazioni di Assisi Comune sono modeste.
Leggendo «Nova vita di S.Francesco» di Arnaldo Fortini scopriamo che, nel censimento del 1232, Assisi conta 2254 focolari, ripartiti tra 52 balìe. La balìa più popolosa ne ha 94, la più esigua solo 8. La «balìa Armençani» ne ha 40 ed è tra le protuberanze estreme del comitato assisiate. Gli altri Comuni sono lì ad un passo e il confine è segnato prevalentemente da delimitazioni naturali. Da Spello il confine è l’Anna, un torrente che i latini chiamavano «Amnem» cioè fiume, che nasce sopra il piccolo borgo di Nottiano e scorre fino a lambire il colle di San Giovanni di Collepino, gettandosi poi nel Topino. Un altro punto di delimitazione è il Fosso Renaro, posto al termine di un vasto bosco. Da Nocera la delimitazione è la Fossa Luparina, luogo caratterizzato da selvaggi precipizi, il cui nome sta a confermarne l’assidua frequentazione di gruppi di famelici lupi.
Leggendo “Assisi al tempo di san Francesco”, un convegno di qualche decennio fa, proviamo a tracciare le caratteristiche morfologiche salienti del paesaggio: tutt’intorno all’abitato ci sono piccoli campi delimitati da recinti di pietre a secco e siepi con all’interno vigneti, frutteti fioriti e orti. La recinzione serve a proteggerli dalle greggi e dagli armenti che invece sono liberi di pascolare nei vicini campi incolti. Le strutture murarie e le forme urbanistiche rappresentano una perfetta combinazione tra: natura e geometria, caratteri topografici del luogo e funzione economico-sociale, giusto connubio dell’impiego urbano con quello rurale. In posizione prominente c’è un castello di poggio con nucleo circolare a doppio anello, sviluppatosi proprio in età comunale, costruito intorno a un cassero che funziona da fulcro dominante l’intero complesso. Il cassero, infatti, rappresenta un’emergenza rispetto a tutte le visuali e a tutti i possibili tracciati d’avvicinamento, esso è l’immagine concreta del potere feudale, da cui promana il castello stesso. Quest’immagine d’immanenza è poco visibile una volta che, salita la rampa di accesso e superata la porta con arco a tutto tondo, delineato da elementi di cotto, si entra all’interno dell’abitato, seguendo il percorso a spirale di una stretta strada, contornata da una fitta schiera di case in pietra, che nascondono la vista della sommità del colle. Le case si affiancano prevalentemente all’esterno, verso le colline circostanti, quasi… come se… gli abitanti volessero, almeno nell’intimità domestica, potersi assicurare un’illusoria libertà dai pesanti vincoli di una dipendenza con l’autorità feudale. (1)
Chi è, dunque, il signorotto che incombe con il suo potere assoluto sugli abitanti del borgo? Il suo nome è Napoleone, figlio di Umbertino dei Monaldi che tutti chiamano «domus Napoleo» de Armenzano, è uno degli ultimi e principali feudatari del comitato di Assisi e a lui appartiene oltre al castello di Armenzano anche la zona di Rocca Paida e Serra di Valtopina.
Dalle descrizioni che abbiamo di lui ci appare come una figura carismatica, Fortini lo paragona ad un “leopardo addomesticato che da tutti si lasciava riprendere dagli istinti della primitiva ferocia”. Lo troviamo onnipresente nelle circostanze rilevanti della vita politica e sociale della zona e sembra vantare anche una buona amicizia con San Francesco.
Nei documenti dell’epoca lo vediamo: “cavalcare tra le ordinanze del comune; contendersi con la cattedrale di San Rufino per via dei diritti sul castello di Serra di Valtopina; brigare per la nomina di suo nepote a canonico di San Rufino e per ciò rivolgersi direttamente al Pontefice, che lo chiama «il mio diletto figlio, nobile Napoleone di Armezzano»; impegnare la sua parte della Rocca Paida per dotare le figlie; indebitarsi con altri consorti; intervenire, come principale cittadino, nei patti stretti tra i Comuni vicini che convergono nella chiesa di S.Rufino… posto come primo fra i cittadini che assistono nella chiesa di S.Rufino di Assisi alla solenne promessa fatta da parte del Comune di Todi di liberare la città di Perugia dalle obbligazioni per essa assunte verso il Pontefice.” (2)
Insomma sembra che faccia tutto lui e che il mondo intero giri per merito suo! In realtà non fa proprio tutto lui, almeno non sempre in prima persona, avendo, proprio come Don Rodrigo dei Promessi Sposi, due bravi alle proprie dipendenze. Questi sgherri si chiamano Benvenuto e Leonardo e, come il Griso e il Nibbio, per conto del loro signore si occupano del lavoro sporco, oltrepassando spesso e volentieri la legalità. I due ribaldi compiono ogni genere d’iniquità e vengono segnalati nel registro comunale più volte sia per piccoli reati, quali: farsi trovare dai custodi di notte in giro per la città contro le ordinanze degli statuti; sia per atti più gravi, come derubare alcuni cittadini; o ancora per questioni gravissime, come quando sono messi al bando per l’uccisione di Buono figlio di Oportolo.
Tutto funziona come un orologio svizzero fino a quando è Napoleone al comando, poi, dopo la sua morte, già a partire dal 1257, quietanze, cessioni, vendite depauperano l’ingente patrimonio dalla casata. Il comune di Assisi nel 1271 finisce per comprare addirittura l’intero castello d’Armenzano dai figli di Napoleone. Gli storici, data la poca rilevanza attribuita ai successori del signorotto defunto, non sono neanche concordi sui loro nomi. Se Arnaldo Fortini li ricorda come Umbertino e Bonconte, per Antonio Cristofani in «Storie di Assisi» diventano Abertino e Ugolino; la sostanza è che gli eredi ben presto si sbarazzano di tutto il vendibile, comprese le terre e le dipendenze, ricavandone la somma di 2000 libre di denari cortonesi. Il Comune compra, insieme alle terre e alle case, tutti i diritti del signore sugli abitanti, ma concede loro subito un’affrancazione, disgregando definitivamente, così, quello che restava ad Assisi dell’antico potere feudale. E’ la fine di un epoca.
(1) Assisi al tempo di san Francesco: atti del 5° Convegno internazionale – Assisi , 13-16 ottobre 1977
(2) Arnaldo Fortini, Nova vita di San Francesco
Con il numero di dicembre, le mie investigazioni sulla storia del nostro territorio per il momento s’interrompono. Durante questi tre anni mi sono molto divertito, ho scoperto e imparato cose per me preziose. Ringrazio chi ha letto i miei lavori, e tutti coloro che hanno contribuito a migliorarli e a divulgarli. Se avessi la possibilità di condividere il destino con due illustri investigatori del passato senza dubbio sceglierei “L’ultima avventura” di Sherlock anziché il “Sipario” di Hercule, quindi arrivederci…
pubblicato su: Terrenostre (Dicembre 2014)
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